Uno dei posti radiosi della nostra predilezione, caldo d’inverno e felice in estate

La serata è invernale, di quelle vere. Fine gennaio, un paio di gradi sotto zero. Il borgo di Neive, alle 21.30, è deserto e rintanato. Per giungere a questo locale bisogna prendere il rondò (ecco spiegata la seconda parte del nome) che da Neive dirige verso Barbaresco. La Cantina del Rondò sta subito lì, sulla destra.

All'interno, calma austera e poca gente (qui in Langa è periodo di bassa stagione che più bassa non si può). Ad attendere il viandante, magnifiche volte in mattine, musica classica di sottofondo, tavoli distanziati apparecchiati con cura. E una cantina – a fianco della sala – dalle antiche botti di legno. Perché Francarlo Negro, patron passionale e presente, non è solo ristoratore, ma anche produttore di vino (ecco spiegata la prima parte del nome), amico fraterno di Bruno Giacosa, da cui – dice - “ho imparato quel che so del vino e della vigna”. Ecco allora Dolcetto e Barbera e, solo nelle annate migliori, un Barbaresco sontuoso, che si può apprezzare anche al bicchiere.

Una volta seduti – verificata la consistenza dei grissini e la bontà del pane cotto a legna – ci si tuffa in un menu che è summa e sintesi della cucina di Langa, e ricerca estrema di questo locale, come riporta la frase in fondo al menu: “prodotti freschi, tipici di Langa e biologicamente certificati”. C'è un menu degustazione a 39 euro, di quattro piatti (per esempio, flan di cardi gobbi con bagna caoda, tajarin al sugo di Langa con salsiccia, guancia di vitello sgrassata arrotolata e stufata in purea e un dolce a scelta).

Dalla carta, invece, è imperdibile avvio l'uovo in camicia (delle loro galline) con fonduta di Raschera, che in stagione sarà arricchito anche da una grattata di tartufo bianco. Altrimenti, insalata di carne cruda tagliata al coltello. Bisogna poi lasciarsi guidare dalla mano felice di Emanuela, cuoca e moglie di Francarlo: nel nostro caso, una “pasta al forno”, ossia un piatto di lasagne al sugo di raro equilibrio. Non mancano mai i ravioli del plin al sugo di arrosto, così come – tra i secondi – la finanziera reale con 10 frattaglie nobili di toro, gallo e coniglio, esemplare.

Intriga anche – sarà per la prossima volta – la faraona di Morozzo agli agrumi allevata allo stato brado. Si può chiudere con un semifreddo ai cachi, ma di altre volte ricordiamo anche il flan di cioccolato extrafondente con crema di vaniglia... e un misterioso dolce, “il Preferito” che menziona Paolo Massobrio (vero fan di questo locale, dove ebbe l’onore di partecipare a un verticale di Barbaresco con e di Bruno Giacosa). È una sosta che sa e profuma di Langa, quella autentica. È un posto raro, dove tutte le cose sono a posto, come una volta. Per 50 euro circa.

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