La prima definizione di cocktail è del 1806, e si deve a un articolo del giornale The Balance and Columbian Repository, che recita così: “Il cocktail è una bevanda alcolica stimolante composta da liquidi alcolici di varia natura, zucchero, acqua e bitter”. Attualmente con questa parola si definisce qualsiasi mix di ingredienti.

I cocktail possono essere classificati secondo diversi criteri: per quantità, per orari di consumo e per famiglia. La catalogazione per quantità è semplice: abbiamo gli short drink (6-10 cl), i medium drink (11-14 cl) e i long drink (oltre i 15 cl). Nei primi la parte alcolica è predominante, se non esclusiva.

Il criterio della funzione risponde alle fasce orarie in cui il drink viene consumato. È un discrimine radicato nella miscelazione classica, strettamente ancorata alle linee guida delle varie associazioni di categoria, IBA su tutte (International Bartenders Association). Ci sono i pre dinner (aperitivi, prevalentemente short drink), gli after dinner (o digestivi), e gli all day (validi a qualsiasi ora del giorno).

Il terzo criterio, per famiglia, è quello più variegato e complesso: ricerca nei cocktail caratteristiche comuni, spesso funzionali, creando un ampio ventaglio di tipologie, a volte di difficile discrimine.

Un quarto criterio di suddivisione dei cocktail è quello introdotto dall'IBA, che prevede tre categorie: gli Unforgettables, gli indimenticabili, destinati a rimanere per sempre nella lista ufficiale IBA; i Contemporary Classics, ovvero i classici contemporanei più recenti ma già ampiamente affermati e i New Era Drinks, i drink della nuova era, oggi famosi, ma piuttosto recenti.

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