Protagonista della rubrica #bollicinesostenibili la Barone Pizzini con il suo percorso dal bio alla riduzione delle emissioni

Fondata nel 1870, Barone Pizzini è una delle più antiche aziende della Franciacorta e, nel contempo, una delle più orientate al futuro. La voglia di superare i confini, infatti, è scritta nel loro DNA almeno da inizio Novecento quando il Barone Edoardo Pizzini Piomarta alla guida della Scuola Cavalleria di Pinerolo dialogava con il celebre aviatore Francesco Baracca e per lui disegnò il Cavallino Rampante a cui si ispirò anche Enzo Ferrari. Questo spirito è lo stesso che si ritrova negli anni Sessanta quando, sulle colline di Provaglio d'Iseo (Bs), inizia la produzione di Franciacorta in cui la Barone Pizzini crede fin da subito, arrivando nel 1971 a imbottigliare la sua prima bottiglia di Franciacorta.  

Il cammino nel mondo della sostenibilità è altrettanto deciso e, per certi versi, pionieristico. La Barone Pizzini con l'ingresso nella proprietà dell'imprenditore Silvano Brescianini, avvia fin dal 1998 un percorso di viticoltura biologica che la condurrà nel 2001 a ottenere la certificazione per i 47 ettari di vigneto. La prima bottiglia bio porta la data del 2005. Non un punto di arrivo, però, ma l'inizio di un percorso, che ha visto la nascita di una nuova cantina costruita secondo importanti criteri di bioedilizia: la struttura, interrata per due terzi e su una superficie di circa 5.600 mq, adotta strategie e soluzioni bioclimatiche. Tra gli altri accorgimenti impiegati: pannelli fotovoltaici, sistema naturale di raffrescamento, utilizzo di pietra, legno e fitodepurazione delle acque. Una spinta alla sostenibilità che porta anche all'adesione al progetto Ita.Ca finalizzato a controllare e ridurre gli effetti dei gas serra delle aziende vitivinicole e a raggiungere la certificazione ISO 14064. 
pizzini-brescianini.jpgSilvano BrescianiniParallelamente Barone Pizzini ha condotto un fondamentale lavoro sulla biodiversità in una zona che, per la natura stessa della tipologia di vino prodotto, rischiava di essere troppo incline alla monocoltura di chardonnay, pinot bianco e pinot nero. La risposta a questa situazione si chiama erbamat ed è un vitigno autoctono recuperato dopo un lavoro iniziato nel 1997 con lo studio condotto dagli agronomi Pierluigi Villa, Ottorino Milesi e Attilio Scienza, che individuava 18 varietà caratteristiche del territorio. La maggior parte di queste sono diventate marginali mentre i risultati migliori si sono avuti proprio con questo vitigno già citato nel 1564 dal medico bresciano Agostino Gallo, nell'opera Le dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa.
Il progetto erbamat in Barone Pizzini ha preso avvio nel 2008 con l’agronomo Pierluigi Donna dello Studio Sata: un ettaro dedicato a questi impianti e vendemmiato per la prima volta nel 2012, spumantizzato in un Metodo Classico chiamato Tesi come a sottolinearne il valore di studio ampelografico e di sperimentazione. Quasi dieci anni più tardi, nel 2021, la Tesi si è sviluppata in una vera e propria "opera": l'erbamat infatti è andato a integrare un vino storico della Barone Pizzini cioè il Franciacorta Animante. Una integrazione che ha anche un significato importante di resilienza nei confronti del cambiamento climatico: si tratta infatti di un'uva a maturazione autunnale che mantiene comunque una buona acidità, caratteristica che al contrario lo chardonnay, a causa del global warming, sta lentamente perdendo. 
pizzini-animante.jpgBarone Pizzini per questo percorso nell'ambito della riduzione delle emissioni e della lotta al riscaldamento climatico, sarà una delle cantine che saliranno sul palco di Golosaria per il premio Sostenibilità in bottiglia, offerto in collaborazione con Evolvere, azienda di riferimento nel mondo della generazione distribuita di energia da fotovoltaico, con cui è realizzata anche la rubrica #bollicinesostenibili.  

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