Al Materia di Cernobbio, corona radiosa del GattiMassobrio

Davide Caranchini chef e co-patron del ristorante Materia di Cernobbio (piazza Cinque Giornate, 32 - tel. 0312075548 - www.ristorantemateria.it) è molto giovane (classe 1990), ma davvero non manca la materia prima per poter parlare di lui… infatti il suo ristorante, aperto nel 2016, è già entrato “con il botto della Corona Radiosa” tra i nuovi locali del GattiMassobrio 2018 (per leggere la recensione completa clicca qui).
Sentirlo parlare “della nostra filosofia” sorprende per la sicurezza e chiarezza di vedute che questo giovane professionista, all'inizio della carriera, dimostra, ma è lui stesso a spiegare la forza di un'idea che nasce non da una singola eccentricità, ma come prodotto di un team di lavoro “e famiglia” affiatato.

Da ragazzo ho frequentato la scuola alberghiera a Como e poi sono partito per fare esperienze all'estero, a Londra e poi al Noma di Copenaghen dove ho fatto la stagione insieme ad Ambra (Ambra Sberna è la sua compagna di vita e lavoro). Qui abbiamo trovato l'idea del tipo di ristorante che avremmo voluto realizzare in Italia e, quando siamo tornati, abbiamo iniziato a cercare il posto per realizzarla.

Raccontaci come doveva essere il ristorante della “vostra filosofia”.
Il nome “Materia” dice già molto. Volevamo un ambiente minimalista, dove non ci si distrae troppo dietro alla scenografia di arredi o tovagliati, ma tutta l'attenzione si concentra sul cibo, sulla materia prima appunto. I piatti che serviamo sono semplici ed essenziali nella scelta delle materie prime. Non utilizziamo ingredienti troppo strutturati, ricchi e piacioni, come il foie gras, ma preferiamo ingredienti poveri e ricchi di gusto, che cerchiamo di valorizzare al massimo, nel sapore come nell'aspetto. E l'ispirazione è quasi sempre da materia vegetale. Non siamo un ristorante vegetariano, ma diamo molto spazio e ci ispiriamo per le nostre ricette a verdure ed erbe di stagione, che noi stessi produciamo.

Il vostro ristorante è quindi dotato di orto?
Sì questo è il nostro prossimo obiettivo da raggiungere, per ora siamo un ristorante con serra. I genitori di Ambra gestivano un agriturismo ed erano proprietari di un terreno boschivo. In mezzo a questo bosco abbiamo impiantato una serra insieme a Marco Sberna, il fratello di Ambra, che è con noi in questa avventura ed è il nostro pollice verde. Lui coltiva ben 100 tipi di erbe aromatiche e bacche diverse, con semi che arrivano da tutto il mondo, e questa serra è la nostra principale fonte di ispirazione. Con noi poi c'è anche Luca Sberna, il cugino di Ambra, che è il nostro sommelier. È un'avventura a 4 la nostra.

Sono molto curiosa di conoscere l'impatto che il vostro stile ha avuto sui clienti e mi piacerebbe sapere se vi definireste un ristorante per tutti.
La nostra clientela è molto variegata, arrivano comitive giovani in cerca di novità, così come adulti appassionati del settore. Tutti sono accomunati da una certa apertura e curiosità verso le nuove esperienze, in questo senso l'abbondanza di comunicazione sul cibo, che gira sui media e sui social per noi è stata utile, ci ha aiutato a farci conoscere velocemente. Li accogliamo con una proposta strutturata in tre menu. Il menu classico è quello introduttivo alla nostra filosofia, lo proponiamo a chi viene a trovarci per la prima volta e contiene piatti e sapori che ancora ricordano quelli tradizionali. Il menu Green power è dedicato ai vegetariani e infine c'è il menu Sperimentazione a mano libera, che proponiamo a chi già si è avvicinato alla nostra filosofia e ha voglia di sperimentarne a pieno i frutti, senza timore di allontanarsi troppo dai sapori tradizionali. Noi siamo un ristorante per tutti, perché anche se la cucina può essere a volte un po' ruvida ed estrema, l'accoglienza è sempre morbida, attenta e comprensiva verso il cliente che ha davanti: è una vera “accoglienza” insomma. Io penso che il 50% del successo di un ristorante lo faccia proprio il servizio e la sua professionalità. Bisogna capire chi si ha davanti e che cosa gli si può proporre, i nostri piatti devono essere spiegati per bene. Chi serve in sala deve averli visti preparare e averli assaggiati.

Qualche esempio di questi fatidici piatti?
La semplicità non deve essere banalità o povertà di idee per cui noi cambiamo molto spesso il menu, utilizziamo erbe insolite, selvaggina e parti della carne non di uso abituale come la trippa o le frattaglie. Tra i nostri piatti che sono piaciuti di più c'è il piccione servito con lattuga grigliata, fiori di sambuco (raccolti nel bosco) sott'aceto e radice di polipodio. Il polipodio è una felce che ha una radice con sapore simile alla liquirizia e che ci ha ispirato la ricetta.
Un altro piatto che è piaciuto molto è stato l'insalata di cavolo rosso, midollo affumicato, caviale e latte di mandorla amara. Siamo partiti dal sapore grasso del midollo e abbiamo pensato di farlo risaltare per contrasto con sapori diversi come l'acido del cavolo sott'aceto, l'amaro del latte di mandorla e la sapidità del caviale.

Tutti i piatti sono quindi così pensati e coerenti con la vostra filosofia minimalista?
No, aspetta. È vero che c'è tanta sperimentazione e pensiero dietro la nostra proposta, ma non vorrei che si pensasse a un posto serioso e pedante… È tutto l'opposto, noi siamo 4 ragazzi al di sotto dei 30 anni e vogliamo che la gente che ci viene a trovare si diverta. Le nostre proposte più estreme sono quelle che più divertono. Per esempio il mio dolce più riuscito è dedicato all'opera Il lanciatore di fiori di Banksy (uno street artist londinese che crea i suoi graffiti di nascosto nelle periferie delle città ). Presentiamo all'ospite un piatto a forma di sasso spalmato con yogurt e anice stellato e due ciotole, una contiene una panna al fieno, l'altra un gelato alla camomilla. L'ospite è invitato a versare la panna al fieno sul “muro” di yogurt e servirsi con le dita inframmezzando la panna alla gelato alla camomilla. Temevamo che alcuni ospiti non avrebbero gradito l'idea di sporcarsi le dita e avevamo messo dei guanti di lattice a disposizione. Nessuno li ha usati! ed è sempre un'esplosione di allegria ai tavoli quando mangiano questo dolce con le dita. Alcuni si divertono anche a leccare il piatto e poi si fanno fare la foto da mandare agli amici e mettere su facebook.

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