Dal legno d'abete alle erbe spontanee, un modo di gustare i sapori della montagna inedito, ma che si rifà a tradizioni antichissime. E' la cucina che ha scoperto Alessandro Dal Degan quando è tornato alle sue radici con la Tana di Asiago

A chi sogna nel cuore dell'inverno le montagne innevate, che torneranno verdi a primavera, raccontiamo la storia di Alessandro Dal Degan (classe 1981) il cuoco della nuova corona radiosa del Gatti Massobrio La Tana Gourmet (via kaberlaba, 19 -Asiago – Vi – tel. 0424462017) un luogo fiabesco di cui ricordiamo “abbiamo cenato di fronte alla vetrata davanti ai prati ondulati con i profumi delle erbe rare di montagna". Notate che lo abbiamo chiamato “cuoco”, perché come ci ha detto lui stesso: "Non mi piace essere definito chef, lo chef è un ruolo, il ruolo del comandante che dirige dei cuochi soldati, ma prima di tutto occorre essere cuochi e cucinare. La mia professione è quella del cuoco."

Ci racconti come è arrivato a scegliere questa professione.
L'ho vissuta fin da bambino perché sono figlio di una cuoca nativa di Asiago, mia mamma e anche mia nonna, ma non ho passato l'infanzia qui, con la mia famiglia abbiamo girato tra Torino e Firenze. A Firenze ho frequentato la scuola alberghiera e iniziato subito a lavorare da ragazzino nelle cucine dei ristoranti. Sempre a Firenze ho rilevato la gestione del mio primo ristorante I Macchiaioli. Ero molto giovane e non avevo mai lavorato nella cucina di un grande chef, quindi mi considero un autodidatta, facevo una cucina internazionale per i turisti. Poi nel 2007, la coincidenza che mi ha cambiato la vita. Sono venuto ad Asiago per un breve lavoro di consulenza in un ristorante e ho incontrato la mia attuale compagna. Il destino ha voluto che mi fermassi qui. Con suo fratello Enrico Maglio, mio socio, sommellier e responsabile di sala, abbiamo aperto la Tana, prima in centro ad Asiago e dal 2009 qui fuori dal paese in una zona che domina l'Altopiano...

Com'è cambiata la sua cucina tornando nei luoghi natali?
Qui ho scoperto la “mia cucina” ed è stato un processo lento che ha richiesto anni. Mi sono riappropriato di questi luoghi grazie ai racconti e all'esperienza di mio suocero, Romeo Covolo, straordinario conoscitore di queste montagne della loro storia, della flora e fauna spontanea e anche esperto di erbe officinali. Dai suoi racconti ho scoperto che l'Altipiano di Asiago possedeva anticamente una cultura gastronomica originalissima che risale probabilmente ai suoi primi abitanti, i Barbari del Nord scesi in Italia intorno al 100 a. C. e sconfitti dalle truppe Romane di Gaio Mario. Dopo la sconfitta, questi Barbari trovarono rifugio su questo altipiano, un luogo sufficientemente freddo per ricostruire in parte le abitudini della loro patria (la Danimarca) compresi gli ingredienti della loro cucina che includeva muschi e licheni. Di questa cucina originalissima non abbiamo testimonianze scritte, solo tracce negli usi e nelle abitudini locali della tradizione che sono state variamente disperse dopo lo sfollamento di Asiago, rasa al suolo durante la prima guerra mondiale.

Davvero troppo pochi elementi per far rivivere una tradizione...
Infatti la mia non è una cucina della tradizione, ma una cucina creativa, che racconta un territorio e la sua storia. Le ricette quindi sono state tutte create da me ex novo, non esisteva più nessuna ricetta di quei tempi, utilizzando ingredienti autoctoni del territorio e ispirandomi nel proporli a usi antichi. Aggiungo che comunque i piatti sono preparati con tecnologie moderne e risultano estremamente moderni e che contengono ingredienti del territorio, anche inconsueti: erbe spontanee, radici, gemme, legni, aghi di pino ecc, ma non sono piatti interamente a km0, perché in montagna e d'inverno non è possibile trovare sempre tutti gli ingredienti che servono.

Possiamo fare qualche esempio?
Un piatto simbolo della mia cucina sono le Lumache stufate nel fieno, crema di erbe di campo, pigne fermentate e pane al muschio in cui propongo le preziose lumache raccolte qui in montagna servendole insieme alle erbe spontanee di cui si sono nutrite. Le accompagno con un altro sapore tipico delle nostre zone ovvero la pigna del pino mugo dalle proprietà balsamiche resa più tenera e acidula dalla fermentazione nel latticello durata 4-5 mesi e accompagnata da un pane fatto lievitare con gli enzimi del muschio. 
Con la pigna del pino mugo ho preparato anche un dessert che si chiama La Pigna. Si tratta di un sorbetto preparato con lo sciroppo balsamico di questa pigna messa a maturare per quattro mesi in acqua e zucchero (una ricetta tradizionale della zona) e servito su un piatto gelido spalmato di tuorlo d'uovo e liquirizia selvatica, in realtà un estratto di una felce locale. In questo piatto non c'è nessuna parte della pigna del pino mugo in effetti, ma c'è tutto l'aroma dei suoi oli essenziali e per restituire la sensazione di croccantezza che il frutto fa venire in mente, abbiamo inserito dei chicchi di orzo tostato.

A proposito di ingredienti di montagna “croccanti” che non vengono solitamente mangiati, vuole raccontarci la storia del suo Infuso di cortecce d'abete?
Certo, questa ricetta ho preso spunto da un aneddoto ambientato in queste valli che ho letto su un libro reperito in soffitta da mio nonno. Vi si raccontava l'esperienza drammatica di una famiglia che, per sfamarsi durante un lungo inverno nevoso, mise a bollire sul fuoco una pentola piena di neve e corteccia d'abete. Mi sono chiesto a questo punto se è possibile estrarre e valorizzare attraverso un infuso i profumi dei legni più aromatici di montagna. Così abbiamo lavorato sui decotti di 16 legni di piante diverse dei nostri boschi e abbiamo fatto dei blend fino a trovare la combinazione più gradevole che è quella in cui prevale l'aroma del legno di abete (come già in fondo l'aneddoto indicava).

Immagino che queste ricette di ricerca abbiano costi e tempi di messa a punto importanti... Mi chiedevo se siano sempre comprese fino in fondo dai suoi ospiti.
Sì dietro ogni ricetta di questo tipo ci sono diverse prove e a volte, come nei casi della fermentazione, anche il lavoro di un laboratorio di ricerca microbiologica per essere sicuri di quello che mettiamo nel piatto. A volte serve qualche mese per mettere a punto un piatto nuovo. Ma la cucina che ho deciso di proporre e il mio menu della Tana Gourmet si sono evoluti negli anni e anche gli ospiti di questo ristorante hanno imparato nel tempo a conoscerci e apprezzarci. Oggi siamo conosciuti per questo tipo di proposta e chi viene qui ha scelto di fare un'esperienza nuova, di scoprire un modo nuovo di gustare i sapori della montagna. 
In ogni caso, attigua alla Tana Gourmet, abbiamo l'Osteria dove siamo visitati da tanti sciatori affamati che riusciamo a rendere felici e appagati nel modo più tradizionale, ovvero con la nostra polenta con burro e formaggio fuso.

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