Il mosto cotto e concentrato per ebollizione era già in voga presso i Romani, che però preferivano utilizzarlo come condimento. Oggi questa preparazione è tipica dell’Italia centrale a partire dall’Emilia Romagna, dove si chiama sapa, ma la sua sublimazione si trova sicuramente nelle Marche dov’è conosciuto come vino cotto.

Simile a un vino passito, si ottiene attraverso un procedimento rimasto pressoché inalterato nel corso dei secoli, tramandato probabilmente dai Piceni. Il mosto di uve locali quali il maceratino, il sangiovese, il montepulciano, il galloppa viene inserito in un caldaio di rame, scaldato a fuoco vivo fino a che il contenuto non si sia ridotto di circa la metà. Nelle Marche c’è anche chi aggiunge una mela cotogna per quintale così da aumentarne la nota aromatica. Terminato questo processo, il mosto residuo verrà utilizzato per “rimboccare” i caratelli di rovere contenenti vino cotto degli anni precedenti. Il giusto dosaggio tra vino vecchio e vino nuovo e un lento e paziente invecchiamento ne determineranno la qualità.

Ecco alcuni dei migliori produttori marchigiani di vino cotto citati sul Golosario: Azienda Agricola Massimo Germani di Lapedona (FM) , Azienda Agricola Tiberi David di Loro Piceno (MC), Azienda Agricola Catalini Sergio di Ortezzano (FM) e Az. Agr. Biologica Si.Gi. di Macerata.

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