La Cantina Pizzolato presenta i vini ottenuti da questi nuovi vitigni che limitano al massimo l’intervento in vigna

PIWI, che ha prima vista potrebbe sembrare il nome di un uccello neozelandese, è in realtà l’abbreviazione del tedesco Pilzwiderstandfähig che significa semplicemente resistente ai funghi.
I vitigni PIWI infatti sono proprio questo:  incroci ottenuti tramite impollinazione tra vitis vinifera e vite americana che si sono rivelati essere capaci di opporsi naturalmente a malattie fungine come oidio e peronospora. Una caratteristica che li rende importanti nel mondo della viticoltura biologica e biodinamica perché grazie a questa naturale resistenza necessitano di pochissimi trattamenti durante l’anno. L’obiettivo è quello della massima sostenibilità.

Ci è capitato già di incontrarli, seppur raramente, in questi anni, sostenuti anche da iniziative pubbliche come quella messa in campo dalla Regione Veneto. 
La cantina Pizzolato di Villorba (TV) ha dalla sua una vocazione antica per la viticoltura biologica e dal 2017 ha deciso di scommettere su queste viti con l’impianto di 15.200 nuove barbatelle su una superficie di 4.3 ettari.
Dalla prima vendemmia è stato possibile ottenere tre vini  HO’OPA, HUAKAI, e KONTI-KI, che raccontano lo sguardo di questa cantina vocata al futuro. Per assaggiare questi vini in modo corretto bisogna porsi in un’ottica particolare. Quello che arriva nel bicchiere non è un punto di arrivo ma è l’inizio, una materia nuova su cui la cantina ha deciso coraggiosamente di cimentarsi. 

Il primo, HO’OPA, è un vino frizzante Pet Nat da uve johanniter, che risulta ancora decisamente nervoso, a tratti disarmonico con note floreali e erbacee convinte che ricorda nella sua spontaneità i vini frizzanti della tradizione di queste campagne.
HOOPA.jpgIl bianco fermo HUAKAI, da uve bronner, al naso sembra ripercorrere i tratti di uno chardonnay con tanta frutta tropicale e in bocca un equilibrio che sfugge trascinato comunque da una buona acidità.
HUAKAI.jpgIl rosso KONTI-KI,  da uve merlot khorus, cabernet cortis e prior, è forse quello più convincente che trova una sua definizione al naso con i profumi puliti di piccoli frutti, in bocca la giusta acidità e un finale secco che lo rendono di buona beva. 
KONTIKIok.jpgTre vini che ancora non riescono ad esprimere appieno le potenzialità di un vino, ma che già ci proiettano verso una viticoltura che sarà. Tre assaggi che ci confermano lo spirito sperimentatore di una cantina a cui va l’indubbio merito di essere stati, in Italia, tra i pionieri del biologico e che per questo oggi può permettersi di sperimentare.

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