La tradizione del torrone dell'Italia centrale: dal “Biondo di Camerino” al torrone più lungo del mondo

NOTA: L'articolo fa parte della collaborazione con la rivista giapponese Ryoritsushin, dove viene pubblicato nella traduzione di Motoko Iwasaki.

Quando 28 anni fa assaggiai per la prima volta il torrone di Camerino di Paolo Attili rimasi impressionato. Per me il torrone era soprattutto quello piemontese, a base di nocciole, miele e albume d’uovo, proposto nella versione dura e talvolta anche morbida. Ma questo torrone era un’altra cosa e così scrissi una lettera a questo signore per dirgli che mi aveva spiazzato.
Da allora, nella prima selezione delle 100 cose buone d’Italia e poi sul Golosario, il torrone di Camerino è sempre stato in vetta, accanto ai miei campioni come il torrone Canelin di Visone, oppure quello che a Noto preparano i fratelli Assenza del Caffè Sicilia, seguendo una suggestione che viene dall’Oriente.

Il torrone è uno dei prodotti che unisce l’Italia: lo fanno a Bagnara Calabra oppure a Tonara in Sardegna, per non parlare delle teorie di mandorlati del Veneto. Ma in questa vigilia di Natale merita parlare del torrone dell’Italia centrale, di un paese che è stato colpito dal terremoto del mese scorso. Paolo Attili non ha subito danni, come invece la salumeria Anna Montanari che produce un ciauscolo (salame morbido fantastico), ma economicamente il danno è grande, perché Camerino è isolata, non ha più appeal turistico e lo scoraggiamento è abbastanza diffuso.

La tradizione del torrone a Camerino è relativamente antica: nasce a fine Ottocento da una famiglia di pasticceri locali, i Francucci, e subito entra nelle forniture della Real Casa Savoia. Ma quella di Paolo Attili è una storia nella storia. Lui infatti non nasce all'interno della pasticceria, ma ci arriva più tardi. E' un lontano parente dei proprietari e fa il ragioniere fino a quando non scopre che la storica pasticceria di Camerino è in vendita. Questo succede 34 anni fa, quando lui poco meno che trentenne vede per la prima volta le macchine. A salvarlo, spiega, sarà una dote naturale – il palato – e la curiosità. La famiglia Francucci insieme alle macchine (e in particolare la caldaia dove fare la cotta del torrone) gli consegna le ricette. Lui prova e riprova, modifica le tempistiche, cerca tra le migliori materie prime e butta via quanto non gli sembra all'altezza. Servono decine di stagioni per arrivare al suo torrone che ha mantenuto il nome di Casa Francucci. Oggi le tipologie sono 18. C'è quella storica, il “Biondo di Camerino” che era anticamente prodotta senza albume d'uovo. È quindi un concentrato di miele, mandorle e zucchero, molto friabile. L'ultimo nato è quello allo zenzero e pan di spagna. In mezzo c'è il Ghiotto farcito al fico, il Mandorlato classico bianco, una serie di torroni teneri a rum, caffè, anice. Poi ci sono i torroni prodotti per occasioni speciali, come quello con uva passita di verdicchio e grappa delle stesse vinacce. Un gioiello che nasce dalla capacità di incuriosirsi e dall’inventiva di Paolo Attili che non sembra smorzarsi col tempo.

La stessa inventiva che lo ha portato a mettere in bacheca un singolare record: il torrone più lungo del mondo. Viene realizzato ogni anno in occasione della Festa del Torrone, che a Camerino si celebra da 15 anni. E qui il sindaco di un piccolo paese aveva capito che ormai quel torrone era diventato un simbolo della località. Allora perché non accettare anche la sfida di realizzare il prototipo più lungo per una grande festa di piazza? Così è stato, partendo dai 700 metri per arrivare ai 1.026 dello scorso anno. Per realizzarlo, spiega Paolo, ci vogliono 10 cotte di torrone. I singoli torroni morbidi vengono poi assemblati sui tavoloni disposti lungo l'arteria centrale del paese. Una volta certificata la misurazione la festa può iniziare e ogni cittadino prende la sua parte, in una sorta di gioiosa razzia.

Se gli chiedi qual è il segreto di questo torrone, ti parla delle materie prime: le mandorle pugliesi che ripassa su pietra di marmo prima dell'utilizzo, per capire se siano all'altezza; il miele di sulla o di arancio; la nocciola del Piemonte che si pela alla perfezione; lo zucchero di canna. E poi il tempo, quelle ore (almeno 5 per cotta) che lui impiega davanti alla caldaia, conoscendo ormai tutti i segreti del suo prodotto e di quell'impasto fatto rigorosamente a mano.

In questi giorni tanti amici del Golosario hanno ordinato per le feste il torrone di Camerino. Un modo per dare speranza e per alzare la testa di fronte all’imprevisto di un terremoto che fa ferito il cuore dell'Italia. La festa, del resto, quando è vera, non può dimenticare il dramma di chi cerca e vuole il ritorno alla normalità.

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