E si può dire che il torrone suona da Cremona a Bagnara

In Italia la tradizione del torrone risuona in quasi tutte le regioni. Il termine usato non è casuale perché quel suono ci riporta immediatamente al violino e alla sua capitale indiscussa a livello mondiale: Cremona. Un primato che l'ha resa famosa almeno quanto il suo dolce più rappresentativo: il torrone. Anche se parlare solo di Cremona in riferimento al torrone italiano sarebbe riduttivo perché l'Italia può vantare una tradizione che spazia da Asti ad Alvito, da Bagnara Calabra a Tonara in Sardegna, da Camerino dove nel 2015 è stato stabilito il record per il torrone più lungo al mondo (1.026 metri) fino a Dolo dove invece si gustano i più sottili (6 millimetri). A questi si aggiungono gli "altri" torroni, dai mandorlati alla cupeta.
Torrone-Camerino-2015-6 copia.jpgfoto da Cronache Maceratesi

Alle origini del torrone

Le prime attestazioni della parola "torrone" a partire dal ricettario di Cristoforo di Messisbugo del 1549 aprono un capitolo affascinante nella storia gastronomica italiana. Curiosa la collocazione geografica: contrariamente a quanto ci aspetteremmo, la maggior parte delle attestazioni è in volumi pubblicati nel Sud della Penisola, suggerendo un'origine iberica del termine che deriverebbe dallo spagnolo "turrón", documentato dal XV secolo e derivato dal latino "torrēre", che significa "seccare". Il legame si rafforza ulteriormente con la presenza del catalanismo "torrare", che significa "tostare", in ricettari antichi centro-meridionali.
Tuttavia, la storia del torrone non si limita alla parola. Nel 1748, Michele Marceca presenta una ricetta siciliana chiamata "Modo di fare amandole torronate", sottolineando il legame tra il nome del dolce e il processo di tostatura.
torrone-mandorla.jpgMa come spesso accade nella storia della gastronomia, la definizione di un nome è (di molto) successivo alla ricetta. Pensiamo ai dolci che mescolano miele e semi di vario tipo, come la copeta, radicati nella cultura del Mediterraneo. Chiara l'origine araba: in questa lingua "qubbayt(a)" significa "mandorlato". Un termine che si ritrova in diverse varianti regionali come il siciliano "cub(b)aita", il senese "copata", il lombardo "copétt", e la cupeta laziale, napoletana, calabrese e salentina. Tutti dolci a base di miele e frutta secca a guscio che testimoniano l'influenza degli Arabi e che fanno il paio con altri dolci dalla lunga tradizione che ripercorrono lo stesso felice connubio tra frutta secca e miele, dal mandorlato veneto al mandorlaccio pugliese fino alla nociata umbra che evoca la nougat, interpretazione d'Oltralpe di questo dolce come il Nougat di Montélimar che nell'impasto prevede anche un'aggiunta di pinoli.
cupeta.jpgIl torrone almeno dal punto di vista concettuale non è certamente una specialità italiana: Spagna e Francia possono vantare una tradizione lunga (almeno) quanto la nostra. Il torrone di Alicante (che fu anche una delle prime Denominazioni comunali europee) ha gli stessi ingredienti che ben conosciamo ovvero mandorle, miele, albume e zucchero.
Il torrone di Jijona è molto diverso: gli ingredienti sono gli stessi ma la miscela viene macinata, cotta una seconda volta e nuovamente impastata per ottenere un dolce dalla consistenza morbida e uniforme. Una consistenza che lo avvicina all'halvà, nome che accomuna una vasta gamma di specialità a base di semi uniti da una pasta dolce che si consumano dall'India al Mediterraneo.

I musei del torrone

Il successo internazionale del torrone è ben rappresentato dalle sue tante diverse case. A Jijona, Spagna, il Museo del Torrone svela segreti antichi attraverso esposizioni di caldaie e macchinari, culminando in degustazioni finali. In Francia, a Montélimar, Le Palais des Bonbons et du Nougat offre un'esperienza fiabesca, un viaggio visivo ed esperienziale al tempo stesso. A questi si aggiungono i diversi musei che nascono da una storia aziendale, dal Viba Nougat World al Taiwan Nougat Museum.
L'Italia risponde da Cremona con una festa che tiene banco per due settimane, con le tante torronerie storiche che fanno della città un vero e proprio museo a cielo aperto. Una tradizione produttiva che nel Novecento diventa distretto dando origine a una delle liason culturali ed enogastronomiche più longeve di sempre. E Paolo Massobrio proprio quest’anno è stato ospite di questa festa, per proporre i suoi abbinamenti migliori col vino.

Cosa fa la qualità del torrone

Il torrone è un prodotto fatto di pochissimi ingredienti, eppure si può trovare di tipologie e qualità molto differenti. Allora cosa rende unico e riconoscibile un torrone?
Lo abbiamo chiesto a Massimo Rivoltini, erede di una tradizione nel mondo del torrone iniziata nel 1928 con la Fratelli Rivoltini. La svolta negli anni Sessanta con la decisione di crescere nei numeri pur restando nell'alveo di una produzione artigianale intendendo con questo termine la presenza cruciale dell'artigiano e della sua esperienza anche a fronte di produzioni numericamente importanti.
massimo rivoltini.jpgMassimo Rivoltini (foto Facebook)"Il torrone di Cremona è così da sempre, abbiamo dei documenti di inizio secolo che fotografano una realtà di piccole aziende che lavoravano su base stagionale un prodotto in tutto simile a quello odierno. Se leggiamo la ricetta ci accorgiamo come gli ingredienti siano gli stessi, non solo per il torrone di Cremona ma per quasi tutti i torroni prodotti in Italia. A fare la differenza è il metodo. Il torrone di Cremona infatti nasce come una conserva, è praticamente anidro e questo gli permette di avere una scadenza molto lunga e di conservarsi a temperatura ambiente senza troppe accortezze. Al suo interno c'è la mandorla naturale (con la buccia) tostata in modo blando solo per arrivare a un'essicazione senza puntare sui profumi torrefatti che troviamo invece nella tradizione di Alicante. A prevalere devono essere i profumi delicati del miele millefiori. La cottura è di almeno 12 ore e la lavorazione tuttora non dura meno di 15 ore. Oggi naturalmente non abbiamo più le caldaie in rame e la mescola manuale: usiamo acciaio, vapore a bassa pressione, motori moderni a varie velocità controllate elettronicamente. Questo però non ci impedisce di fare lo stesso prodotto di un tempo, che necessita - anche in tempi di intelligenza artificiale - della mano dell'artigiano”.
torrone rivoltini.jpgIl vero segreto del torrone è proprio qui, in questa presenza, che si manifesta in un momento ben preciso che individua lo stesso Rivoltini: "C'è un momento particolare nella produzione del torrone cioè la creazione della meringa. È il momento in cui si passa dalla montata alla cottura. Non abbiamo un tempo fisso: cambiano le materie prime - ad esempio le mandorle in base al periodo, il miele che può essere più o meno umido - così come cambiano le condizioni ambientali del laboratorio, che risente ad esempio dell'umidità e del freddo. Il momento esatto si può conoscere solo con l'intervento umano. Sbagliarlo rende vano il lavoro precedente: se troppo preso il prodotto non diventa friabile ma resterà gommoso, se si oltrepassa invece resta liquido e in fase di cottura inizierà a sedersi. Il torrone di Cremona infatti è friabile, non duro: secondo il capitolato deve rompersi a contatto con superfici dure come il vetro".
Questa fase in gergo si chiama cambio di passo e un artigiano esperto riesce a riconoscerla attraverso alcuni inequivocabili segni: "Bisogna, guardarlo, toccarlo e ascoltarlo. Si dice che in questa fase il torrone respira perché incamera aria e la espelle, sbuffando".
A Cremona anche il torrone sa suonare.

Ps Su ilGolosario 2024 sono citati una cinquantina di produttori di torrone sparsi in 15 regioni

ilGolosario 2024

DI PAOLO MASSOBRIO

Guida alle cose buone d'Italia

ilGolosario Ristoranti 2024

DI GATTI e MASSOBRIO

Guida ai ristoranti d'Italia