Quattro anni fa su La Stampa Paolo Massobrio ricordava Franco Piccinelli, il poeta e scrittore delle Langhe che portava le colline nel cuore...e nelle opere

E’ simpatica l’iniziativa di Facebook che nella tua pagina fa emergere i ricordi. Stamane è uscito a sorpresa un ricordo di quattro anni fa, quando sulla Stampa, in prima pagina, scrissi un pezzo dedicato a Franco Piccinelli, il poeta e scrittore delle Langhe, amico sincero, che si spento a Neive, il suo paese. L’ho riletto stamattina e ve lo ripropongo. E con questo articolo sono affiorati i ricordi dei suoi racconti che scriveva per il Club di Papillon, quando inaugurammo la collana "Il gusto... della vita”.

 

Piccinelli, l’ultimo viaggio tra le colline

Morto a 80 anni. Giornalista e scrittore, fu vittima di un agguato Br

Franco Piccinelli è morto a 80 anni, dopo una vita da giornalista, poeta e scrittore. Sono 40 le opere che portano la sua firma e 28 i romanzi ispirati all’epica contadina. Esordì nel 1961 con Le colline splendono al buio (Gastaldi), ma il romanzo a cui rimase più affezionato è Suonerà una certa orchestra (Sei) del 1974: e difatti, nella raccolta La saga delle colline (Newton Compton 1986), sta insieme a Bella non piangere e Paura a mezzogiorno. Una paura che lui vide in faccia, quando il 24 aprile 1979 fu gravemente ferito dalle Brigate rosse. Allora era capo della redazione Rai di Torino e in Rai, poi in forza alla sede di Roma, rimase per una vita. Le sue passioni tuttavia erano le colline, fonte di ispirazione dei suoi racconti, ma anche il luogo dove tornare sempre, anche all’ultimo, avendo preferito il ricovero nella Casa di riposo di Neive, dove si è spento.    Descrivere Piccinelli non è facile, giacché aveva realizzato uno stile tutto suo di racconto, non paragonabile alla drammaticità di Fenoglio, Pavese o Lajolo, suoi conterranei di qualche collina più in là. La sua narrazione aveva il sale dello stupore del quotidiano: dal rito di un pranzo in viaggio sul treno, il cui fascino gli aveva trasmesso il padre ferroviere. Amava talmente le tradizioni, da diventare presidente della Federazione Italiana di Pallapugno. Ma Franco era anche un amico che scriveva per il piacere di inviarti un racconto via fax. Cito: E io non voglio una Barbera perfetta, e Catlina (la Morte) ispirato all’agguato delle Br: «Per chi va c’è sempre una mano che tiene nell’illusione di trattenere». E quella volta fu la mano della moglie Vanda. Ma commovente è il racconto In viaggio con mia madre, dedicato ai suoi ritorni da Roma al paese, dove, col passare degli anni, la mamma che andava in stazione dopo essere stata dal parrucchiere diventava colei che lo aspettava sul ciglio della porta di casa, sempre in ordine «perché resistevano i suoi folti capelli ramati». E poi l’ultimo viaggio: «Io in verticale, lei in orizzontale. La guardai, ci guardammo. Continuiamo a procedere insieme». E noi oggi con lui, attraverso le sue immagini delle Langhe e quell’umanità che ha colto fra queste colline, che già non erano più quelle della Malora. 

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