Un Expo senz’anima? Il problema è che gli manca la sintesi, per spiegare eventualmente quale sia l’anima. È il pensiero conclusivo del sottoscritto dopo aver partecipato a un dibattito a tre (con me Carlin Petrini e Luigino Bruni) nella redazione di Avvenire, presente il direttore e dieci giornalisti della redazione. Oggi due pagine nella sezione Agorà del quotidiano riportano i passi salienti di quel dialogo, che non è stato liscio e privo di dialettica come si legge, anche perché la reiterata protesta di Carlin sull’Expo che non ha l’anima mi ha fatto porre alcune domande. Una su tutte: ma se la testa del cosiddetto “pesce”, ossia la sagoma dll’Expo, è la collina delle biodiversità che curerà Slow Food, mentre l’amico Farinetti farà un’esposizione sui venti e su altri concetti di biodiversità, questa cos’è? Anima o gioco? Contenuto o business?

Perché io capisco che politicamente sia appagante dire che l’altro non ha qualcosa, ma se l’altro è uno che sta camminando con me, come minimo sono connivente delle sue mancanze. Poi si può dire che l’Expo non ha una governance che ha prodotto una sintesi di ciò che vuole rappresentare. E la strada maestra, su questo, rimane il dossier di candidatura, le cui linee guide, dal punto di vista mediatico, non sono più uscite. Senza una sintesi, l’Expo è solo un contenitore per capirci: di padiglioni, di intrattenimenti, di cose… E fra i contenitori la cosa più rischiosa, in fatto di sintesi mancata, rischia di essere proprio l’Italia, nel senso che le regioni, le organizzazioni di vario calibro e quant’altro stanno riproducendo le medesime divisioni di quando all’estero ci presentiamo alle fiere. Una rappresentazione ridicola, che ci farà essere, se continua così, degli eterni secondi di fronte a Francia, Germania, e tutti gli altri paesi, che invece una sintesi ce l’avranno.

Basta leggere oggi gli articoli sul vino all’Expo: la sintesi offerta da un Padigilione voluto dal Ministero e promosso da Vinitaly, viene bombardata dalle continue richieste ai Consorzi di essere altrove, sia dentro l’Expo e sia fuori. Manca l’anima? Manca la comunicazione caro Carlin, nel senso proprio di persone che si parlano, anziché andare avanti in ordine sparso, portando l’individualismo sempre più in alto, salvo scoprire che l’altezza è misera e non è neppure quella di un podio. L’Expo che è senza anima è un leit motiv che ha ormai vari mesi di annunci, e rischia di diventare un tormentone. Sono stati fatti articoli, sono seguiti inviti, anche dentro Expo, per discutere (con te) di questo aspetto. Ma nessun dibattito è seguito. Unica eccezione questo di Avvenire, dove ti ho ribadito quello che sto scrivendo e che già avevo scritto. E l’ho fatto per un motivo: io credo nell’Expo, credo che sia la grande occasione, ma anche l’evento che segna il nostro tempo e il nostro percorso, mio e tuo in particolare. E voglio che riesca. Lo voglio con la partecipazione dell’intelligenza di tutti, con l’entusiasmo e con la passione. Con tre caratteristiche che certamente sono anche tue. Ora è però il tempo di parlare dentro l’ambito Expo, ma soprattutto di capire qual è la sintesi, cos’è ciò che si vuole comunicare al di là del titolo: quali temi sono sul tappeto per tentare qualche principio di risposta? Si può fare? Spero di sì. Sennò l’anima, che è impalpabile, vola via, o rimane un titolo di giornale, un intervento a un convegno, un qualcosa che non si ricerca, ma semplicemente si evoca quasi per un’originalità. Meritiamo di più.

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