Siamo a San Salvario, fra ciuppìn e brandacujun

Piemonte/Liguria a tavola. Due grandi culture, due esperienze gastronomiche prestigiose per due regioni intimamente legate nella loro storia. Dire Liguria vuol dire “il mare del Piemonte”, soprattutto il Ponente, da Savona a Ventimiglia. Il sale e le acciughe e lo stocco arrivavano dai porti liguri alle mense piemontesi, mentre i vini di Langhe e Monferrato rallegravano le tavole della vicina regione marina.

È poi noto che tutti i piemontesi invadono, in stagione e non solo, le spiagge delle provincie liguri e tanti di loro hanno lì la seconda residenza. Ma, dal punto di vista alimentare, a che punto è la contaminazione e lo scambio tra le tradizioni gastronomiche delle due regioni?

Abbiamo detto di acciughe e merluzzo, che hanno spazio abituale nella cucina territoriale piemontese, ma, per il resto, i confini sono rimasti ben serrati ed i rimescolamenti e gli sconfinamenti piuttosto rari. Laddove ci si provava, la copia appariva sbiadita rimembranza dell'originale: ricordo torte pasqualine e farinate deludenti se non imbarazzanti. Tutto questo fino all'altro ieri.

Oggi qualcosa si muove. Focaccerie "liguri", panetterie che sfornano farinate e pandolci se ne trovano a bizzeffe. E poi la cucina di pesce, che seguendo raccomandazioni dietetiche e mode alimentari si è sviluppata anche in templi sacri della tradizione più conservatrice di terra. Sicuramente anche la vera cucina ligure, che sfrutta la sua materia naturale dal mare, utilizza quanto l'entroterra povero ma ricco di risorse le fornisce, dai carciofi agli asparagi, ai pomodori, alle zucchine. Non dimentichiamo anche squisite carni del territorio come conigli, capre, pecore e cinghiali, che fanno capolino con decisione nei ristoranti torinesi.

A Torino trova finalmente un piccolo spazio la cucina ligure, dopo quella toscana, siciliana, sarda, indiana, nippo-cinese ed altre ancora. La Sciamadda ne è un esempio, così come Scannabue, Consorzio ed Almond. Insomma, il vento della contaminazione soffia non solo verso le cucine esotiche ma anche verso il profumo del mare vicino a casa.

Bel Andi, intercalare tipico del dialetto ligure, fa parte di quel gruppo di coraggiosi e porta una classica cucina di pesce alla ligure con piccole concessioni alla tradizione sabauda nel bel mezzo della movida a San Salvario. Lo fa correttamente e con capacità, ed è diventato un locale di riferimento in mezzo al tutto che caratterizza quella zona della città, meta dei vitaioli in cerca di emozioni.

Marcello, lo chef e patron, è burbero quel giusto per non smentire i luoghi comuni sui liguri e sa trattare la sua materia prima con naturalezza e confidenza. Sfodera, assieme a piatti più ovvi ma gettonati come gli spaghetti alla chitarra con frutti di mare, capisaldi della tradizione ligure come il brandacujun, Trofie al pesto fatto in casa e, vera chicca, il ciuppìn (via di mezzo tra passato di pesce e zuppa di pesce).

Anche lui a sua volta importa suggestioni da altre terre ed ecco comparire in menù il ceviche alla Bel Andi con pesce bianco (era ombrina).
cheviche.jpgTra i piatti anche la zuppetta di fregula sarda e rana pescatrice al profumo di zafferano.
zuppetta.jpgConcessioni al territorio di casa sono la battuta di Fassona, i plin alle tre carni e alcuni dolci come bunet, panna cotta e tarte tatin.

Tutto ben confezionato, con attenzione particolare alla bontà ed al sapore del piatto, più che all'estetica. Le porzioni sono robuste, tant'è che abbiamo convinto a stento Marcello che volessimo provare tutti i tre piatti canonici della nostra dieta mediterranea: antipasto, primo e secondo. Voleva convincerci che non saremmo riusciti a portarli a termine, cosicché abbiamo optato per porzioni leggermente più scarse.

Per la cronaca, noi abbiamo passato al setaccio tra gli antipasti (10/12€) il brandacujun e il ceviche (corretto, gli perdoniamo il cedimento veniale alla moda gastronomica del momento)
branda.jpgTra i primi (10/14€), gli spaghetti alla chitarra e la zuppetta di fregula, piatto di felice simbiosi di esperienze di territori diversi.
pasta.jpgI secondi (16/20€) sono stati un trionfo di Liguria a tutto tondo con il fritto misto di calamari e gamberi e il ciuppìn, due piatti dal pieno sapore del mare di laggiù.
fritto.jpgPer finire buoni dolci (5€), in linea con le attese. Mentre la cantina è veramente minimale, con scelta ridotta sia per quel che riguarda la Liguria, poco rappresentata, sia per il resto d'Italia. Da migliorare.

In sala bravissima, simpatica e professionale Silvia. I prezzi sono molto corretti, con una media di 40/50€ per un pranzo completo e bevande.

Ci rimane il ricordo di una sosta piacevole in cui il pesce, cucinato alla ligure e non, domina tanto da farne uno dei locali più affidabili, dove il rapporto qualità/prezzo si segnala come uno dei più interessanti della sua categoria.

BEL ANDI

Torino

via Belfiore, 16 bis

tel. 0111885 0830

bel-andi-restaurant.business.site

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