Un’intera famiglia all’opera, le uve tipiche locali, le botticelle di legni diversi per un aceto unico, nelle versioni affinata e stravecchia

Una bella casa colonica nella pianura modenese circondata a pochi metri dall’uscio da vigneti e da frutteti di proprietà (via Canaletto Nord, 786 S.S. 12 – tel. 3389334017). Non ci sono muri o recinzioni nell’Acetaia Cocchi, ma solo questa bella cornice naturalistica. La padrona di casa, Sandra, simpatica ed esuberante, e il marito Luciano (esperto degustatore) vi condurranno per mano a visitare le antiche stanze con travi a vista dove nasce e si affina l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

Sono locali da percorrere uno di seguito all’altro in base agli anni di invecchiamento del prodotto, su più livelli, e ognuno con il proprio aroma specifico sprigionato dalle botticelle che fanno capolino ordinate in fila (qui ne hanno quasi 500!). La famiglia Cocchi utilizza il mosto di uve tipiche (lambrusco, berzemino, spergola, trebbiano) da loro coltivate, fatto cuocere a fiamma diretta in caldaie a cielo aperto. La fermentazione, che inizia dalla botte madre, prosegue nelle botticelle che costituiscono una batteria (devono essere almeno cinque e costituivano nelle famiglie contadine la dote della figlia andata in sposa) preferibilmente di legni diversi (il Consorzio impone la scelta tra rovere, castagno, ciliegio, gelso, ginepro e acacia) e di dimensioni diverse. L’aceto passa dalla botte più piccola a quella più grande, fino a essere imbottigliato nelle bottiglie da 100 ml disegnate da Giorgetto Giugiaro e numerate individualmente. Dopo 12 anni si definisce affinato, ma solo dopo 25 anni si definisce stravecchio. Qui, i campioni arrivano anche al secolo di vita.

La degustazione delle diverse annate diventa così una vera e propria esperienza sensoriale a 360°, che coinvolge vista, olfatto e palato. Da assaggiare anche le ottime conserve di frutta raccolta a mano all’aceto balsamico, ideali da abbinare a formaggi o per guarnire dolci e gelati. Merita davvero una visita.

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