Il fondatore del ristorante San Domenico di Imola

Intelligente. Sempre elegante. Con quel sorriso buono che parlava del suo amore per la vita. Lo vogliamo ricordare così Gianluigi Morini, fondatore giusto 50 anni fa (l’apertura il 7 marzo 1970) di quel San Domenico di Imola, che è stato, ed è, un ristorante unico, nel suo essere stato pensato per far conoscere al mondo intero la grande cucina italiana, la sua eccellenza, la sua voluttà, il suo calore. Un ristorante che Morini sin dagli esordi aveva voluto indimenticabile, caratterizzato da un’accoglienza raffinata e calorosa, da un’atmosfera fuori dal tempo tra opere d’arte, argenti e ceramiche rare, da quella cantina delle meraviglie divenuta famosa in tutto il mondo, per la brigata d’eccezione.
Il genio di Morini fu quello di aver voluto al San Domenico,  solo persone fuori dal comune, animate da valori forti. A partire da qual Nino Bergese, che, conosciuto come “il re dei cuochi", che cucinava solo nella case dei nobili piemontesi, aveva codificato la cucina borghese.  Morini si incaponì e convinse Bergese a cambiare modo: da cuoco errante a cuoco di un locale tutto suo, che è rimasto pietra miliare per la codifica dei piatti della cucina borghese, che era differente dalla cucina di corte. Ora, Bergese, dopo aver dato fama internazionale al locale, ha avuto come allievo prediletto Valentino Marcattilii, che dopo aver collaborato con il grande chef per ben 7 anni, fino alla morte del maestro, dopo una serie di stages presso i più rinomati ristoranti di Francia, al suo ritorno ha assunto la direzione delle cucine del ristorante diventandone comproprietario. Oggi ai fornelli Massimiliano Mascia, nipote di Valentino, che rappresenta la nuova generazione del ristorante nel segno della continuità nell’innovare e nel rinnovarsi. Natale Marcattilii, fratello di Valentino, Massimiliano, Giacomo e tutti i ragazzi del San Domenico hanno reso omaggio a Morini con queste parole: “Con Morini nasce il ristorante che siamo onorati di portare avanti da 50 anni preservandone l’identità, lo spirito di avanguardia e il sogno di un luogo di condivisione e grande calore, quello di una famiglia che lui stesso ha voluto creare. Era e rimane un amico fraterno.”  

Con Morini il San Domenico ha raggiunto fama internazionale che ne ha fatto un’icona del gusto Italiano nel mondo. Ma da signore qual era, ha sempre avuto l’umiltà dei grandi. Per arrivare al ristorante usava la bicicletta. Anche nei momenti più difficili non perdeva mai il senso dell’umorismo. Ancora poco tempo fa aveva scherzato sulla sua fama del suo essere una buona forchetta: «Mi han sempre chiesto perché ho sempre tanto appetito; semplice la risposta: a sò né a mezdè (sono nato a mezzogiorno)».
morini-golosaria-2008.jpgGianluigi Morini tra Marco Gatti e Paolo Massobrio a Golosaria nel 2008Noi lo ricordiamo a Golosaria, quando i Marcattilli, su invito di Morini accettarono di venire a Torino, alla Piazza dei Mestieri a fare una cena memorabile che riportava in Piemonte le radici della loro storia. Ma come dimenticare quelle due serata a Imola, con Morini che aveva le sembianze del conte Riccardi, nel suo modo nobile di vivere l’accoglienza. Mangiammo il raviolo aperto, scendemmo in quella cantina ordinatissima e clamorosa che solo Pinchiorri pareggiava, mentre Morini ci raccontava della sua avventura neglI States dove avevo aperto un locale. Se dovessimo dire cos’è un concentrato di passione, di attenzione ai massimi livelli per l’ospite, di italianità, non potremmo che ricordare questo posto e quei momenti memorabili. Ci ha lasciati a 85 anni, essendo della leva 1935. 

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