Il recente assaggio di Brut, Extra Brut e Dosage Zero conferma la qualità di un territorio oggi tra i più vocati in Italia per la spumantistica

La Val d'Alpone diventerà patrimonio Unesco? La risposta è ancora incerta, sarebbe però un bel lancio per i vini di quest'area che hanno dalla loro una qualità massima a fronte, invece, di una nomea non ancora all'altezza. Questione di marketing, probabilmente, riferito non tanto alle singole aziende quanto a un'idea più ampia di territorio. Cosa manca quindi allo spumante Lessini Durello per avere il posto (e la remunerazione) che merita nel novero degli spumanti italiani? Lo storytelling, probabilmente, inteso come quell'insieme di qualità, storia e racconto che ha fatto di Franciacorta, Alta Langa o Trentodoc quello che oggi sono sui mercati internazionali. La candidatura Unesco per la Val d'Alpone potrebbe essere il trampolino di lancio che in molti stavano aspettando, considerando anche che si basa su un aspetto che ha molto a che vedere con il vino, il terroir o, più semplicemente, il terreno. La richiesta di Patrimonio dell'umanità si basa infatti sui tesori fossili che custodisce al suo interno, seguendo un'ispirazione che ha preso il via tra il 2011 e il 2014 durante i lavori di scavo sui resti del Castello di Terrossa nel comune di Roncà effettuati dall’Università di Verona in collaborazione con l’Amministrazione comunale e l’Associazione Amici del Castello.

“Discutendo sulle peculiarità offerte da questi territori – ha spiegato Giamberto Bochese, presidente dell’A.T.S. - Val d’Alpone che si occupa della candidatura – abbiamo convenuto che i reperti fossili custoditi dalla Val d’Alpone e dall’alta Valle del Chiampo avessero le caratteristiche di unicità e di eccezionale valore richieste dall’UNESCO per poterli considerare patrimonio di interesse universale”.

I monti Lessini sono quindi un antico territorio vulcanico, ricco di fossili, un substrato che ritorna nel vino, in alcune caratteristiche peculiari che sembrano rappresentare la firma del Lessini Durello, come l'acidità marcata anche negli anni e la finezza.
Giannitessari al progetto Unesco ha dedicato giustamente molto impegno e (anche) una percentuale del ricavato dell'Extra Brut venduto in cantina. Una notizia che accompagniamo a un nuovo assaggio di tre campioni significativi.

Il Brut (36 mesi di affinamento) dal colore paglierino tendente al dorato, ha un naso decisamente agrumato con in più una interessante declinazione floreale, di geranio, ed erbacea. In bocca ha una bolla fine, e sa evocare una nota di miele che rimane a lungo.
tessari-lessinidurello-brut.jpgL'Extra Brut Millesimo 2013 (60 mesi di affinamento) è un campione di razza, da Unesco, con un naso più ampio rispetto al campione precedenti, con essenze floreali percorse dall'anima minerale di pietra e grafite. In bocca è fine, austero, con una acidità netta, tagliata.
tessari-extrabrut.jpgIl Dosage Zero assaggiato nel millesimo 2010 (120 mesi) ha color oro e perlage finissimo. Al naso c'è una nuance salina, di ostrica, che affianca la più canonica crosta, quasi di pizza. Molto curiosa anche la nota verde, di asparagi. In bocca è ampio, con una sapidità che questa volta va a sostenere il sorso, sostituendosi all'acidità. Il finale è lunghissimo.  
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