I ristoranti provati da Massobrio, con tante sorprese

Sono in missione per conto vostro, mettiamola così. In realtà sono a Verona da diverso tempo perché mi hanno chiesto di occuparmi del progetto di Vinitaly and the city, che venerdì 5 alle 17 aprirà i battenti nelle piazze principali della città. Circa 800 vini in degustazione e la chicca di Palazzo Carli, che diventa il Palazzo del Vino Sostenibile e dintorni, con 80 vini pazzeschi.

Ora, avendo deciso di tenermi i ristoranti conosciuti per i prossimi giorni, con ieri sera ho finito le mie prove dedicate alle novità. E sono tornato a casa con un buon bottino.

Intanto vi dichiaro il sogno: il ristorante Perbellini a Isola Rizza (via Muselle, 130 - tel. 0457135352), dove ancora una volta ho provato la piacevolezza dell’accoglienza, l’intelligenza del servizio del vino a bicchiere e poi una cucina sempre più intrigante, degna della nostra corona radiosa. Paola è la splendente padrona di casa, che vi porgerà un menu intrigante, che mantiene sempre un ottimo rapporto qualità/prezzo. Che sfiziosità l’uovo in camicia su vellutata di burro di malga, crudo di Montagnana fumè e fagioli cannellini, le lumache stufate in pentola di pietra con raperonzoli, bernese alla senape e ibisco. Fra i primi i tortelli farciti di patata arrosto in consommè di coniglio alla cacciatora; fra i secondi la ricciola alla griglia con polenta al cavolo nero e salsa di vitello (fantastico equilibrio), ma anche il capriolo allo spiedo e crocchetta di ricotta con broccolo fiolaro e salsa al pino mugo. E come dolce? Ma c’è da chiederlo? La Millefoglie stracchin no? Paradiso.



 

Una bella novità è stata la sosta all’Alcova del Frate (via Ponte Pietra, 19/a - tel. 0458000653), che vanta anche un locale gemello, quasi a fianco (La Locanda, al civico 23). Siamo in zona Ponte Pietra, un angolo fra i più suggestivi di Verona. E qui da poco c’è anche il plus di Stefano Marini, uno dei più bravi sommelier del Veneto. La selezione dei vini è davvero interessante, il menu si divide fra carne e pesce. Tavoli affollati e vicini, ma buona soddisfazione con ostriche, acciughe e salmone, oppure prosciutto di Montagnana e Joselito. Molto buoni i bigoli al ragù di Amarone (radiosi) accanto a gnocchi al gorgonzola, risotti e ravioli di stagione. Da provare la coda di toro al forno e la teoria di tartare battute sul momento (carne di cavallo e di bovino). Fra i dolci semifreddo all’amaretto e bavarese vegana.

 

Sosta davvero sorprendente, sempre in zona Ponte Pietra, dove accende le sue luci l’Officina dei Sapori (via G.B. Moschini, 26 - tel. 045913877). Un ristorante elegante, dedicato al pesce, diviso in due sale molto accoglienti, con uno chef napoletano, Fabio Tammaro. Dico subito che questo locale mi è piaciuto, anche se non amo i tavoli senza tovaglie. Tuttavia quei tavoli di legno caldo e quasi grezzo sono piacevoli, ancor più con poltrone eleganti e comode. La musica di sottofondo suona i migliori successi della canzone italiana by Modugno e altri mostri sacri. Sorprendente la carta dei vini, con il 90% di etichette “naturali” di tutta Italia e una selezione di quattro a bicchiere che tolgono la soddisfazione. Qui ci sono 4 menu degustazione, fra crudo, cotto, entrambi oppure salsedine (sei portate) e pani e grissini sono fatti da loro (wow!). Per iniziare il mio piatto di asparagi, uova di salmerino e yogurt greco e poi un fantastico sgombro alla pizzaiola con aglio nero e acqua di pomodoro alla vodka. Succulento lo spaghettone Latini allo scoglio fujuto e bergamotto (il pesce non c’è, perché è fujuto, ma l’intensità della sua crema è eccezionale). Il piatto che tuttavia mi è piaciuto di più rimane pasta e piselli con totano e ‘nduja, che aveva una croccantezza speciale. Ai secondi un'ombrina in crosta di sale con infuso di acquapazza allo zenzero e il loro fritto di mare, morbido, succulento, che valorizza meglio il pesce. Ho chiuso con una pastiera napoletana e una caprese di mandorle e nocciole su salsa agli agrumi, portandomi a casa un ristorante radioso, da consigliare subito. E poi… sapete che caffè hanno? Quello di Gianni Frasi. Una garanzia.

 

 

Qualche perplessità l’ho invece maturata all’Amistà (Via Cedrare, 78 - tel. 045 6855583), locale celebrato dalle guide, inserito in un contesto da fiaba, che è una bella villa veneta a Corrubbio di San Pietro in Cairano. E la perplessità non è tanto sulla cucina, dove in realtà il giovane Matteo Bianchi, subentrato da due mesi (mi dicono), credo sia all’altezza dell’eredità che ha ricevuto, quanto per l’esagerata voglia di tener fuori dal locale gli italiani. Io leggo in questo modo i prezzi delle bottiglie di vino, dove quelle medie sono a 50 euro, tutte, tanto per non sbagliare. Ora, che una Nascetta piemontese la debba pagare 50 euro vuol dire due cose: o che non sanno la differenza fra un vino e l’altro oppure sono esosi come tanti alberghi con ristorante, che poi fanno fatica a tirare avanti (e magari i cuochi bravi si stufano e se ne vanno). Anche il vino a bicchiere a 14 euro, fino ai 20 euro del Ferrari Perlé dosage zero mi è sembrato alto. Per questo il faccino rimane sospeso.
La cucina invece, che gioca sulle acidità in maniera equilibrata è invitante. Si parte con gli appetizer che annoverano: blini, panna acida e caviale; pan brioche, burro di malga e acciuga del Mar Cantabrico; bon bon al pomodoro, ricotta e basilico; cuore di radicchio, guanciale, nocciola e caffè. Dopo moleche, alga e salsa miso come amuse bouche, ecco i calamaretti spillo con melanzane arrosto e menta, gli asparagi verdi delle terre euganee, Monte Veronese e uovo di gallina, i bigoli in salsa, da manuale; quindi una piacevolissima zuppa di granceola, e per finire un soufflè alla vaniglia con gelato al pistacchio, corretto. Non prendete il caffè: costa 5 euro. Un euro in meno di una bottiglia di acqua. Luogo affascinante, cuoco bravo, proprietà che vuole guadagnare alla svelta. In bocca al lupo!

 



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