In Piemonte l’approvazione del regolamento che fotografa com’è cambiato il mondo agricolo negli ultimi decenni

Molti saranno felici del nuovo regolamento che rende operativa la legge sugli agriturismi promulgata lo scorso anno dalla Regione Piemonte, molti altri invece storceranno il naso. In poche percentuali, infatti, cambia completamente il modo di concepire l’agriturismo. C’è una percentuale (il 25% dei costi di produzione) che deve essere assorbito da prodotti aziendali e che dimezza la produzione propria prevista in precedenza (era al 50%). A questo si somma un 60% di quota di prodotto da aziende agricole singole o associate, operanti preferibilmente in accordi di filiera, nella regione. Quindi meno prodotto proprio (il 25% infatti può essere facilmente assorbito, pensiamo ad esempio a chi produce carne o vino) e più prodotto in forme associate.

E’ un messaggio chiaro: 30 anni fa, quando la prima legge sugli agriturismi fu concepita, in molti che avevano un’azienda agricola (o si attrezzavano per averla) si buttarono su questa forma di incremento del reddito agricolo, senza però un preciso progetto. Oggi l’agriturismo per essere considerato tale deve inserirsi in un progetto complessivo più ampio. Che guardi allo sviluppo del territorio circostante (quindi la concorrenza tra strutture fotocopia si supera attraverso l’aggregazione) ma che sia anche commercialmente più appetibile. Infatti cade il limite dei coperti (si possono superare i 60), si può installare la piscina, la Spa e ampliare l’offerta di servizi per gli ospiti che avvicinano sempre di più l’agriturismo a un relais di campagna. Ma questo è lo specchio di un’agricoltura che cambia. Lo abbiamo visto parlando della legge sulle fattorie sociali, lo vediamo quotidianamente nell’aggiornamento sui vari servizi offerti dalle aziende, dall’accoglienza all’intrattenimento. Le aziende agricole agrituristiche realizzano in questa maniera la loro vocazione primaria, che è essere un centro polifunzionale di accoglienza e - aumentando la percentuale di prodotti regionali - una vetrina sul territorio come dimostrano anche le tante botteghe aperte negli agriturismi che offrono prodotti delle aziende vicine, permettendo anche di differenziare l’offerta.

Un solo, importante, appunto: non sarebbe d’altro canto arrivato il momento di differenziare però chi, in controtendenza, aumenta ben oltre la soglia del 25% la propria produzione e include, ad esempio, anche la produzione energetica (impianti elettrici e riscaldamento), in un discorso che unisce agricoltura e ecologia? Risponde Paolo Massobrio: colgo al balzo la provocazione di Fabio Molinari per dire che se anche nel mondo del vino e delle produzioni alimentari i cambiamenti fossero così veloci, sarebbe un mezzo caos. O troppo veloci o troppi lenti: non c’è mai una via di mezzo. Nel 1990, fui parte in causa in Piemonte per definire i paletti di una legge. E fui io ad indicare nel limite di un pullman, come capienza massima di un’azienda agrituristica. Oggi questo limite viene superato e non si sa perché. Forse pochi ricordano di quella vittima di un agriturismo in provincia di Alessandria, ospite di un pranzo di matrimonio, con i piatti preparati la sera prima per un'altra cena, e non conservati adeguatamente. Il limite, poi, del 25% può star bene, se si pensa che molte aziende piemontesi sono a destinazione vitivinicola, ma anziché allargare il raggio sull’approvvigionamento obbligatorio in tutta la regione, lo avrei ristretto alla misura dei 50 chilometri, favorendo il chilometro ravvicinato. La domanda poi di Fabio Molinari dice quanto questo regolamento rimanga un incompiuto. Ma vista la velocità dei cambiamenti, c’è sempre tempo per rimediare.

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