In Galleria Vittorio Emanuele, nel nuovo ristorante, eleganza, classe e cucina d’autore

In Italia, ti perdonano tutto, tranne il successo, diceva il grande Enzo Ferrari, patron del Cavallino rampante. Così, se l’arma degli invidiosi è “la calunnia”, che, come dice Gioachino Rossini nel suo Barbiere di Siviglia «è un venticello, un’auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar» che, crescendo, piano piano può arrivare ad esser una sorta di “colpo di cannone” o “un temporale”. Va ricordato che, per fortuna, non sempre va a finire come dice il grande musicista, ossia col «meschino calunniato, avvilito, calpestato» che «sotto il pubblico flagello per gran sorte ha crepar».

È il caso dei nostri grandi cuochi. Fin che stanno tra le quattro mura del loro ristorante, tutto bene. Quando il talento invece li porta ad essere richiesti in televisione, in eventi, in talk show o addirittura da aziende, come testimonial, apriti cielo. L'invidia, tuttavia, non di rado, rovina l’esistenza solo a chi la prova. Perché alcuni nostri chef al successo non son certo arrivati per caso. E il lungo percorso di gavetta, il valore dei maestri, la professionalità acquisita e i talenti personali, rimangono, anche quando la notorietà fa parlare di loro per i ruoli svolti lontani dai fornelli.

Esemplare, in questo senso, il caso del trio di fuoriclasse Berton, Cracco e Oldani, cresciuti alla scuola di Marchesi & Ducasse (e non con stage, ma lavorandoci, e a lungo), e poi al successo con loro ristoranti e quindi diventati personaggi pubblici, richiesti perché stimati sia dai media sia dal mondo imprenditoriale. Diventati anche imprenditori, oggi hanno tutti e tre un ristorante che li identifica. Ultimo, ma non ultimo, Carlo Cracco che, dopo mesi di lavori, ha inaugurato il suo locale in Galleria Vittorio Emanuele.

L’ambiente è di grande fascino, elegante, con le salette del ristorante (ci si arriva passando dal bar bistrot che è a piano terra, con dehors in queste settimane più che mai gettonato, salendo con l’ascensore) che vi accolgono con atmosfera riservata, tavoli dalla impeccabile mise en place, stucchi e arredi di notevole bellezza.

La cantina è una sorta di paradiso dei seguaci di Bacco, dove l’unico dubbio sarà cosa vorrete spendere, perché avrete la possibilità di spaziare tra i vini più rari e famosi, presenti anche con profondità di millesimi impressionante, per cui la cifra per averli sarà a tanti zeri.

La cucina, che si muove fra specialità diventate ormai classici e nuove creazioni, è sapiente mix di tradizione e creatività. Sarete felici con gamberi viola di Santa Margherita ligure ceci neri lardo all’Artemisia e Moscato, con il succulento tuorlo d’uovo fritto asparagi viola e bianchi morchelle e tartufo nero, poi se date retta a noi, non perdetevi il leccornioso risotto mantecato allo zafferano midollo alla piastra e ragù di fegatini o lo spaghettone al sugo di pomodoro giallo abbrustolito astice e basilico.
Di secondo, le strepitose animelle dorate con pistacchi e verdure fermentate, il petto di piccione alla milanese e verdure all’agro o l’astice blu arrosto insalata di agrumi piccante e cannella.
Crocchetta di cioccolato gianduia, chinotto al Maraschino e caviale o sorbetto di datteri pistacchi e tartufo nero a chiudere una sosta, dove il conto sarà importante, ma che vi farà pensare che qui, “Milàn l’è una gran Milàn”!

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