Milano perde un tempio della cucina milanese e lombarda: l’Altra Isola chiude per sempre
L'Altra Isola ha chiuso. Dopo che il Monsignore aveva raggiunto tra gli angeli i suoi amici di una vita, Gioann Brera e Gino Veronelli in primis, la scelta di Arrigo Perego di proseguirne la storia, ci aveva fatto sperare. Tornare lì, e gustare quella cassoeula che non aveva rivali per bontà, che era l’eredità lasciata a Hu Shunfeng, chef di origini orientali, talentuoso, a cui, in decenni di fornelli condivisi, aveva insegnato tutti i segreti della migliore cucina milanese, era ritrovare Gianni Azaria Borelli. Era risentirlo, al telefono, quando ci chiamava, per sentire come stavamo. Era rivederlo, in prima fila, a tutte le edizioni di Golosaria, dove non era mai mancato, nemmeno in quelle in cui stava già male, orgoglioso di essere lì, a dirci con la sua presenza la sua amicizia e la sua stima. Era ascoltarlo – tra un bicchiere di Barbacarlo, di Maga Lino, e una forchettata di formidabile risotto “giallo” o un boccone di quella nuvola ghiotta che era il suo zabajone – nel racconto, dei mille e uno aneddoti, che facevano della sua vita un romanzo.
Per uno strano scherzo del destino, a costringere alla chiusura il nuovo proprietario, ancora una volta, problemi di salute... Diciamo ancora una volta, perché la verità è che l'Altra Isola, non essendo quattro mura e pochi tavoli, ma un luogo dell'anima, vivo, con un cuore pulsante in sintonia con il battito del Monsignore, dove il desiderio di dare felicità di chi ci lavorava ti contagiava, facendoti tornare il sorriso anche nei giorni più difficili, si era "ammalata", una prima volta, con i malanni che avevano iniziato a tormentare Gianni... Quella cassoeula fumante, monumentale, scintillante, profumata e stragolosa, che a vederla sembrava un piattone pantagruelico, ma che si finiva in un fiato tanto era buona, era il simbolo trionfale della cucina dell’amore. L’Altra isola era la piccola, arruffata cattedrale, in cui, nei suoi pochi metri quadri trattorieschi e gioviali, vivevano lo spirito del Monsignore e quella sua filosofia per cui anche un semplice chicco di riso o una verza, possono essere la chiave d’accesso alla Bellezza. Da oggi – e beffa delle beffe, proprio nei giorni in cui Milano celebra Sant’Ambrogio – noi Senzabrera (come aveva definito Gianni Mura, “gli orfani” di Gioann Brera), con i fornelli spenti per sempre all’Altra Isola, siamo Senzamonsignore!