I rivoluzionari sono tutti giovani e belli. Eppure le rivoluzioni più durature talvolta si devono ai rappresentanti della storia, quelli che un tempo sarebbero stati considerati i conservatori. Così può capitare che una cantina storica, uno dei nomi più blasonati della sua regione, negli anni in cui molti si vergognavano a usare il nome dei propri vitigni autoctoni, abbia deciso di investire proprio su quelli. Cambiandone così la storia.
La casata Guarini giunse in Salento circa mille anni fa, il capostipite Ruggero partecipò alla presa di Gerusalemme, i suoi discendenti nel 1219 donarono a San Francesco di ritorno dalla Siria i terreni dove venne fondata la Chiesa intitolata a San Francesco della Scarpa e nel corso dei secoli ospitarono molti personaggi celebri, da Giuseppe Bonaparte a Gioacchino Murat. Ci voleva una famiglia così ricca di storia per puntare su vitigni come negroamaro, primitivo e malvasia nera quando tutti lo ritenevano un azzardo.
La bellezza, la pulizia e l’importanza dei loro vini però dimostrano che non è così. Quello che colpisce della loro produzione è proprio l’interesse filologico al vitigno esaltato ogni volta nella sua versatilità. Malià 2012 è il nome scelto per la malvasia nera, un tempo usata solo come uva da taglio e in questa interpretazione esaltata in tutte le sue caratteristiche organolettiche. È stato il primo vino di questa cantina che ci colpì e che meritò, tre anni fa, di essere inserito nel numero dei Top Hundred d’Italia del Golosario. Un giudizio ancora oggi confermato per un vino dal colore rubino concentrato, un profumo penetrante di piccoli frutti però senza esagerazioni. A uscire sono le note speziate che si schiudono con la permanenza nel bicchiere. Acidità al palato e piacevole freschezza a completare il quadro.
Da conoscere anche l’interpretazione del primitiivo. Il Vignevecchie 2012 è un vino di estrema piacevolezza. Ha colori intensi, un profumo di petali quasi schiacciati, in bocca è caldo, carezzevole, con una speziatura fine. E’ un bel vino, che cambia nel bicchiere, va dosato, soppesato, indagato. È un vino che racconta una storia, i terreni dove cresce si ritrovano già negli scritti di Plinio. È stato il vino alfiere del primitivo e ancora oggi lo rappresenta con orgoglio. Il fratello maggiore (ma con un processo di vinificazione molto differente che prevede anche una lenta macerazione in cisterne di cemento sotterranee) è il 900, sempre da uve primitivo. È un vino imperioso, strutturato, con un tenore alcolico molto elevato (15,5%). Ha colore rosso rubino intenso, al naso combina note vegetali, verdi, a sfumature orientali di zenzero e terziari evoluti. In bocca è corpo, struttura, quasi strabordante, un tannino spiccato e infine quel retrogusto che si prolunga nel tempo.
Ma più di tutto a convincere e piacerci sono le variazioni sul negroamaro. Il Nativo, negroamaro in purezza, versione da manuale di negroamaro: profumo intenso di ribes e mirtillo, una spruzzata tenue di pepe e in bocca la piacevolezza della frutta che ritorna nella pienezza del sorso. Poi seguendo la tavolozza dei colori c’è il Campo di Mare, rosato, di colore rubino chiaro che al naso richiama i profumi di fragola e una nota minerale che lo caratterizza. In bocca è fresco e a emergere è la nota salina che richiama immediatamente il mare. È un vino perfetto per accompagnare la robustezza della cucina marinara salentina, in piatti come la taieddhra. Un compito che può benissimo svolgere anche il bianco Taersia, forse la sorpresa maggiore in questa giostra di assaggi. Sempre da uve negroamaro in purezza, il suo nome evoca il vento burrascoso che soffia dal mare. Non è un esperimento avventato, ma un vino che ha già raggiunto una sua identità: naso complesso, con note di agrumi ed erbe aromatiche, salvia e anice stellato, buona struttura, acidità e una sapidità che trae dalle sabbie su cui è allevato. Tutti questi vini hanno ottenuto la certificazione biologica. Un lungo lavoro di riconversione iniziato da un decennio. Una nuova piccola rivoluzione in un’azienda storica capace di non sedersi sul proprio passato.
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