Uno chef che ha esordito da Pinchiorri ora punta sulla pizza d’autore: Corrado Scaglione

A Napoli l’hanno presa male. Che le pizze migliori d’Italia possano essere al Nord, e in particolare in Veneto, è giudizio “indigesto”. Come una pizza, appunto, mediocre. Ma il valore di fuoriclasse come Simone Padoan (I Tigli di San Bonifacio) o Renato Bosco (Saporè di San Martino Buon Albergo), solo per citare due stelle di prima grandezza della pizza d’autore, non si discute. E anche i migliori pizzaioli campani, hanno dovuto ammettere che ottime pizze si gustano ormai anche lontano dalla Campania, non fosse perché, realtà eccezionali, come – per citare la più clamorosa – l’Università della Pizza (creatura di quei vulcani di passione che sono Piero Gabrieli e Chiara Quaglia, titolari di Molino Quaglia), in questi anni hanno contribuito in modo determinante a dar dignità al lavoro del pizzaiolo restituendo alla pizza la nobiltà che merita.

Comunque sia, seppur ancora una volta lontano dal Vesuvio, a Canonica al Lambro (per capirsi, a due passi da Arcore, nella verde Brianza), c’è un locale, l’Enosteria Lipèn (via Taverna 114 – tel. 0362919710) che con la sua interpretazione della “pizza verace napoletana”, potrebbe essere considerato orgoglio del popolo partenopeo. L’insegna richiama la storia di questo indirizzo. “Lipèn” è abbreviazione dialettale di Filippo, il cuoco che un secolo fa, qui, dopo anni al servizio del conte Paolo Taverna, prima della caduta dei Savoia, ricevuto da lui lo stabile in eredità quale premio per il suo lavoro, vi avviò un’osteria.

Oggi “Lipèn” è Corrado Scaglione: esordì come chef (ha lavorato anche da Pinchiorri), poi pizzaiolo (per scelta e passione) e imprenditore. Al suo fianco Francesca, che segue la sala, e il giovane, talentuoso e promettente Luca Maggioni, cresciuto con il maestro e ora sicuro presidio del forno a legna. Ambiente piacevolmente rustico, con belle terrazze per la bella stagione. Interessante la scelta di birre, non male la selezione dei vini.

Nel piatto? Pizze, innanzitutto. Top le “Napoletane tipo STG”, marinara e margherita. E quelle “d’autore”, una decina, tra cui spiccano “friarielli”, “scarola”, dei “maestri napoletani”, e “Sensazioni di Corrado Scaglione” con mozzarella di bufala, lardo d’Arnad, cipolle di Tropea fritte, aneto, olio Evo, piennoli. Qui tuttavia non è solo pizzeria. Per cui chi vorrà mangiare, potrà orientarsi su ostriche o pentolata di cozze, un buon risotto (se vi va anche con ossobuco o rognoncino), o spaghetti alla chitarra con pomodoro San Marzano, basilico e cacioricotta del Cilento, grigliata di pesce o brasato alla birra brianzola con polenta bianca. Un dolce fatto in casa, con montebianco ai marroni o nocciola e le sue consistenze, o del sommo De Riso, e uscirete contenti.

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