A Barbarano Vicentino, il locale raffinato di Giuliano Baldessari

Barbarano Vicentino se ne sta ai piedi dei Colli Berici. Nel suo piccolo centro c'era una vecchia cascina abbandonata, che da un anno è diventata un raffinato ristorante con camere. È Aqua Crua (via 4 Novembre, 23 - tel. 0444776096 - www.aquacrua.it), la creatura di Giuliano Baldessari, chef trentino leva 1977, che dopo dieci anni come secondo di Massimiliano Alajmo, ha aperto il suo primo ristorante. Con lui, i giovani Simone Poser, sous chef, e Mattia Garon, maître e sommelier.
All'interno, è riuscito il contrasto tra la struttura antica e il moderno degli arredi. L'unica sala, giocata sul grigio e sul bianco, sul vetro e il legno del parquet, si dispiega tra la parete di giardino verticale e la cucina a vista al lato opposto. Al piano sotterraneo, c'è una cantina fornita.

La cucina di Baldessari è divertente, in continuo movimento. Si concentra su una carta di pochissimi piatti, che “costringe” al percorso degustazione (70 euro per sette portate, 110 con i vini in abbinamento). Ci sono terra e mare, e prodotti dell'orto coltivati in proprio. Insiste senza perdere il calibro con erbe e spezie, rimandando spesso a concetti orientali. Non teme il disequilibrio, virando su note acide (il gusto più indagato), piccanti o amare. È una cucina che abolisce le lunghe cotture a bassa temperatura, privilegiando invece cotture espresse e immediate, a salvaguardia del prodotto.

L'inizio è affidato al trespolo: un tris di assaggi che prevede lo spaghetto fritto con salsa fresca al pomodoro e ricotta fatta in casa, il taco di grano saraceno con maionese all'albume e battuta di carne piemontese e il patè rochè con cuore croccante al curry. Nel “sembra pasta” c'è il gioco dell'illusione: in realtà sono ditalini di cavolo rapa accompagnati da un concentratissimo ragù di coniglio al coltello. Scavallata la capasanta lardellata con guanciale su salsa tonnata con orzo Santoleri e levistico, ecco un'altra illusione: la mozzarella prodotta in casa, che nasconde un cuore di succo di pomodoro fresco, accompagnata da capperi di Pantelleria ed extravergine. Mediterranea ed immediata, si trafigge nel palato.

C'è il carpaccio di fassona piemontese accompagnato da salsa teriyaki maoionese di pistacchio all'acqua e astice crudo, e i buoni tagliolini di grano saraceno con doppio consommé di Katsuobushi, lemon grass, aneto, ceci germinati, nocciole e zenzero: ricchi di sapidità e note piccanti. Più monocorde il risotto mantecato con nocino del Vesuvio e succo d'arancia, servito con spirulina, artemisia e tartufo umbro. Ma se c'è un piatto che racconta meglio di altri la filosofia di Baldessarri è la ricciola marinata nell'acqua di mare e servita con tamarindo, paprika affumicata, liquirizia, pane fritto e finocchietto selvatico. Servita fredda, riesce a fondere nella complessità degli aromi Asia e Mediterraneo, senza perdere la via della piacevolezza. Gran piatto.

Dopo il sorbetto di gintonic, rucola zafferano e argilla, si chiude con lo strudel: una crema alla vaniglia con ristretto di limone, uva passa intinta nella grappa, polvere di cannella e grano arso e filamenti di mela San Giovanni. Rimane in mente una cucina essenzialmente leggera: nella mano, nei condimenti, nell'uso parsimonioso dei grassi. Ottimi gli abbinamenti al bicchiere, preciso il servizio. Se si decide di fermarsi, le 5 camere a disposizione sono assai accoglienti, e la colazione curata. È una sosta molto piacevole.

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