A Castiglione Tinella Alberto Morando produce vini molto personali

Irma e Perbruno. Una donna di stile ed eleganza e un uomo estroverso e di compagnia, sempre pronto a far festa. Sono i due nomi scelti da Alberto Morando per i suoi vini. Irma, la nonna, Bruno, il papà. Alberto è enologo, collabora con altre aziende, e produce un po' di vino a Castiglione Tinella, dove la famiglia ha da diverse generazioni 3 ettari di vigna, esposte a sud, su terra bianca. Non ha (ancora) una cantina, ma si appoggia ad un amico viticoltore di Barbaresco. Nel 2003 ha piantato le nuove vigne, nel 2010 è stata fatta la prima vendemmia. Le prime bottiglie le ha messe in commercio solo sul finire del 2014.

Questo assaggio, quindi, è quasi una prima assoluta. In rete poi le notizie sulla cantina – su uno strumento generalmente ipertrofico nei risultati di ricerca – sono inesistenti, e questo quasi emoziona, perché è scoperta vera. Assaggiando i vini, ci si trova davanti a interpretazioni decisamente personali. A partire dalla Barbera d'Alba Irma 2010 (3000 bottiglie prodotte, prezzo in cantina 10 euro). Una Barbera molto particolare, ottenuta da un clone consigliato direttamente da Attilio Scienza, e affinata per due anni in barriques francesi e due anni in bottiglia. Sorprende fin dai profumi, profondi e intensi: alla consueta frutta rossa si aggiungono note agrumate di chinotto e pompelmo, poi erbe di campo e note evolute di liquirizia. In bocca la barrique regala morbidezza senza offuscare il sorso, che rimane snello e gradevole. È un sorso evoluto, con note terziarie già presenti, ma che conserva ancora buona acidità.

Il Langhe Rosso Perbruno 2010 (700 bottiglie prodotte, prezzo in cantina 12 euro) è un blend di barbera (50%), pinot nero, cabernet sauvignon e croatina, messo in bottiglia nel 2012, quando papà Bruno è venuto a mancare. Il naso gioca più con le note terziarie: subito liquirizia, poi cacao, cuoio, marasca sotto spirito, effluvi smaltati (fin troppo intensi). In bocca è più potente della barbera, con buona acidità e persistenza: un'impostazione più internazionale, ma intrigante.

A completare la produzione (anzi, fa la parte del leone, con 5000 bottiglie prodotte, prezzo in cantina 7 euro) c'è il Moscato d'Asti Sasinet 2012, che in piemontese significa acino piccolo. Ancora un'interpretazione particolare, che insiste su note di frutta matura (quasi candita, con uva passa in grande evidenza) e agrumi, senza perdere una buona freschezza e mineralità. Un moscato da bere non solo nell'anno, ma che anzi ha quasi bisogno di “far bottiglia” per esaltare i suoi profumi, e che è prodotto solo nelle annate migliori (per ora, 2010 e 2012). Ci vuole un po' di pazzia per questo tipo di scelte, ma il coraggio non sembra mancare ad Alberto Morando. Una bella scoperta.

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