I vini dell'azienda Macarico, simbolo dell'affermazione di questo vitigno

Quanto può lasciare il segno un vulcano estinto da millenni? C’è chi ha trovato una risposta nei calchi lasciati nella cenere. E chi invece la sua risposta ha dovuto cercarla (e l’ha trovata) in un vino, nelle caratteristiche che percorrono vibranti ogni assaggio. Nella pietra che si fa minerale e che arriva intatta nel bicchiere, rosso o bianco che sia. Siamo partiti da qui per raccontarvi quella cantina modello che è Macarico (via Roma, 159 • tel. 3356842483), 30 ettari di viti nel Vulture (più precisamente a Rionero in Vulture) dove ha cittadinanza uno dei vitigni - diciamolo pure - più promettenti nel panorama enoico d’Italia. La riscossa corre parallela a quella di una regione che tra pochi anni celebrerà la sua capitale ideale, Matera, come Capitale europea della Cultura.

Qui siamo all’ombra del Castello di Melfi, a casa di due soci che sono prima di tutto amici: Rino Botte e Gerardo Giuratrabocchetti. Le escursioni termiche molto elevate, con estati calde e secche e poco piovose, insieme al terreno tufaceo (ma di tufo sono anche le cantine dove i vini riposano) sono le condizioni pedoclimatiche essenziali per arrivare a questi vini strutturati, con una particolare concentrazione di profumi e decisamente tannici.

I tre rossi di questa cantina raccontano tre storie diverse. C’è l’Aglianico più tradizionale, il Macarì 2013, vinificato in acciaio e maturato in legno per 12 mesi: ha un colore rubino quasi impenetrabile, al naso profumi di prugna, frutta sotto spirito e poi, netta, la radice di liquirizia. In bocca ha struttura, un tannino pronunciato, persistente e di spiccata mineralità.
Il Macarico 2012 è l’Aglianico ammiraglio della cantina. È il vino che resta almeno due anni a riposo prima di essere messo in commercio, che passa acciaio, rovere e vetro. Il colore nel bicchiere perde in intensità, con l’unghia che sgrana nell’arancio. I profumi conservano un’inaspettata freschezza, con le ciliegie sotto spirito e una piacevole mammola su una speziatura di fondo che lo rende molto elegante. In bocca il tannino è più levigato rispetto al Macarì, setoso. È un vino estremamente piacevole, dal finale lungo. Eppure a colpirci di più sono stati i due vini “eretici".
Il Rosso del Vulcano, annata 2014, è un vino nervoso, scattante, come un cavallo di razza giovane. È un aglianico in purezza, molto distante dagli altri due. Vendemmia anticipata, una maturazione più breve per un vino che nel bicchiere ha un colore rosso rubino intenso, a tratti quasi cupo. Al naso ha profumi di frutta rossa appena colta e un’inaspettata nota verde. In bocca spicca per freschezza, acidità e tannino.
Bello anche il bianco, Xjnestra 2014, che nasce da aglianico, malvasia, moscato e chardonnay. Al naso l’utilizzo di vitigni aromatici si fa sentire, con i profumi di ananas e papaja ingentiliti da una sensazione agrumata e erbacea. Ma è in bocca dove Xjnestra dà il meglio grazie alla mineralità e alla sapidità che ne rendono la beva piacevolissima. È la firma dell’aglianico, possiamo scommetterci, che rende ancor più piacevole questo vino. E apre per questo vitigno scenari ancora tutti da scoprire. 

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