Le ricette semplici, economiche ma caloriche degli studenti universitari fuori sede

Corone radiose e stelle Michelin, la Prova del Cuoco e MasterChef, la cucina della nonna e il McDrive. Sono tante le forme d’arte alle quali ci ispiriamo, eppure oggi il mio pensiero si rivolge ai miei cari amici universitari – fuori sede e non – reclusi in uno spazio a volte angusto di un condominio, ma strabordante di idee e voglia di sperimentare, soprattutto in ambito culinario.

E oggi forse conviene ispirarsi più alla loro di cucina – economica ma calorica – che rimane emblema di serate memorabili, dove la condivisione del valore dell’amicizia e del cibo si incontrano (a un metro e mezzo di distanza, mi raccomando).

Quello che vi vorrei presentare è quindi una rivalutazione del mito della cucina degli “appa” (leggasi appartamento in affitto per studenti universitari), che possa esservi d’ispirazione in questi giorni.
Per un segno profondo di amicizia e gratitudine, il primo spunto lo prendo dai miei vecchi compagni di università e di appartamento, compagni di una vita, che trascorrono questi giorni a Forlanini, zona periferica di Milano. Lorenzo è forse il cuoco più in gamba della cricca e il suo motto è “pancia piena e portafoglio a fisarmonica”. Non si capisce bene da dove venga, ma il concetto è forte e chiaro: può essere considerato il modus vivendi dell’universitario fuori sede? A voi l’ardua sentenza, a me il piatto dello chef.
Fate soffriggere zucchine tagliate a rondelle con dell’aglio, poi frullate il tutto per ottenere una crema (al quale si può aggiungere a piacimento anche un pizzico di lime, Lorenzo ne va matto). Unite la crema con della pancetta rosolata e bella croccante, infine impiattate con spaghetti leggermente al dente. Da lui stesso ribattezzato “Jason”, non sarà un piatto da ristorante “coronato" ma sfama e diverte, zucchina e pancetta si sposano alla grande. La quantità di pasta servita comunque non ve la dico nemmeno altrimenti vi spaventate.
zucchineok.jpgAltra città, altro caro amico. Questa volta tocca a Francesco – bustocco di origini - che dal suo appartamento nella città eterna ci accoglie con un altro primo e sì, ancora a base di pasta (sei universitario, inviti gente a cena e non vuoi fare 2 kg di pasta per tutti?).
Mezzemaniche sommerse da una golosa crema di stracciatella (il formaggio e non il dolce, mi raccomando), poi aggiungete i pomodorini rossi e una sbriciolata di pistacchi. Semplice, diretto e soprattutto godurioso.
linguine-pistacchi-ok.jpgTorniamo nella city per il dolce, preparato dall’amico Angelo – di nome e di fatto – che in quarantena sente la mancanza di Foggia, sua città di origine. Quale modo migliore di combattere la malinconia, quindi, se non preparando le sue amate “cartellate al vincotto”. Specialità tipica pugliese che regna in periodo natalizio, è comunque un’opzione semplice per chi vuole preparare un dolce da appartamento non scontato o da tutti i giorni. Un impasto a base di olio, vino bianco e farina a cui dare la forma di rosette: basterà poi friggerle e passarle nel vincotto, prima di servirle.
cartellate-ok.jpgQuesti sono solamente tre esempi che cercano di rappresentare l’universo che è il mito della “cucina universitaria fuori sede”, dove la semplicità incontra la passione con un pizzico di tradizionalità. E di simpatica goliardia.
“Oh mi raccomando, spendiamo pure poco per il primo, ma una cassa di Peroni a testa ce la meritiamo!”

P.s. NOTA DI PAOLO MASSOBRIO 
Sono passati 35 anni, perché questa è la distanza fra i miei “appa”, sempre a Milano, e quelli di Stefano. E prendo atto che il ricettario è cambiato e anche di molto. L’amico Dan, ma anche Dum, ricorderanno il piatto più gettonato: farfalle panna e prosciutto. C'era sempre e ovunque, in ogni appa. Tuttavia nel nostro, al quartiere Feltre di Milano, col Dron (ma un nome normale non c’era, no?) ci concedevamo il vezzo dell’insalata di funghi champignon crudi (un piatto da 500 lire in tre) conditi con olio. Da bere c’era acqua del rubinetto e talvolta, a casa mia, la Barbera di Abazia di Masio che faceva mio papà, buona un anno sì e tre no. In assenza, si andava alla Battagliera, una vecchissima trattoria (la leggenda narra che vi avessero sostato Garibaldi… e Berlusconi), dove in verità entravamo solo il sottoscritto e lo scrittore Luca Doninelli. Per un panino in due e la terribile Barbera di Vincenzo Odore. Non era una scelta gourmet, lo capirete, ma restava un piacere irresistibile origliare i discorsi dell’umanità varia che frequentava la mitica Battagliera (a un chilometro d’aria da via Olgettine, ma che c’entra adesso?). Correva l’anno 1983.

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