Prendiamone atto: non è il pranzo di Natale e neanche quello di Capodanno che magari rientra nei "memorabili". Chissà? Oppure non è quello nel ristorante stellato con una, due o tre.

È una riflessione che lunedì sera ci siamo trovati a fare in sei, a tavola di Cesare di Albaretto della Torre. C’era Mario Calabresi, che ha esordito dicendo che i pranzi migliori sono quando mangi a volontà una cosa molto buona. E mentre parlava guardava il capretto di Cesare che sfrigolava nel caminetto. C’era Federico Francesco Ferrero, che davanti al piatto assoluto, ovvero i plin nel brodo di bue dalla sfoglia sottilissima, con farcia di verdure e carni bianchi ha convenuto con me che quello fosse il piatto dell’anno. E in nessuno dei ristoranti stellati e pluristellati che avevamo visitato quest’anno avevamo provato una cosa del genere. Ed era solo il primo piatto.

Suvvia, il pranzo di Natale è anacronistico, ho sbottato, ma Luca Ubaldeschi, novese, mi ha guardato per dirmi che ancora oggi attende quei piatti che madri e nonne fanno solo a Natale: la cima, il paté. Altri commensali erano Domenico Almondo e Luciano Bertello, che ascoltavano, quasi a dire “Ma che state dicendo?”. Già perché mentre Cesare portava avanti la sua sequenza - baccalà alla moda di Cesare in gazpacho di peperone, cavolfiore dell’orto con crema di Castelmagno e tartufo (sublime), foglie di salmone in salsa di frutta (geniale), fettine di cotechino con radicchio rosso al profumo di castagne - nessuno in cuor suo avrebbe rinunciato. E la sorpresa era la leggerezza che si avvertiva, tutt’altro che l’appesantimento. Ma questa della leggerezza mangiando tanto è una prerogativa dei grandi cuochi.

Dopo un assaggio di pasta coi porri, ecco il sontuoso capretto allo spiedo con dei superbi carciofi di Albenga, fino alla sorpresa della fagiana arrostita in padella. Si è chiuso con un sorbetto al rosmarino e una pazzia degna di Cesare: i rami di nocciole ricreati con dei biscottini alla nocciola che ne evocavano forma e gusto (ed erano attaccati ai rami). E qui siamo nell’arte, checché se ne dica.

Be’, sarà dura ricordare un altro pranzo nel 2014. C’è ancora tempo. Ma chi batterà mai questo chef?

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