AI piedi dell'Amiata, un'azienda familiare a filiera corta: vini di personalità e ottimi salumi

I campi coltivati a cereali, l'allevamento di bovini e suini, gli ulivi, le vigne, la coltivazione di zafferano. Poggio Stenti è tutto questo: una realtà agricola a filiera corta, adagiata a Montenero d'Orcia (Podere Stenti, 26A – tel. 0564954171), sulla strada che porta al monte Amiata. Siamo in provincia di Grosseto, nella zona di Montecucco, che esprime vini a base sangiovese che sanno sorprendere. 

A condurre l'azienda, Eleonora Pieri, vignaiola under 30, che si divide tra vigna e famiglia. Con lei, papà Carlo, che troverete nella storica macelleria di famiglia, a Sant'Angelo Scalo (via Grossetana, 19 – tel. 0577808006): dista solo tre km dal Podere, ma cambiano comune e provincia (si entra nel territorio senese). Da visitare, per una teoria di salumi, prodotti con i capi allevati in azienda, che raccontano la tradizione norcina di questa terra: il prosciutto crudo, la pancetta, il salame crudo, la finocchiona, il capocollo, la salsiccia e il particolare ammazzafegato, ossia una salsiccia piuttosto piccante, ottenuta con le frattaglie (escluso il fegato) del maiale. Ma ci sono anche sughi pronti, che sono una novità di quest'anno: il ragù, il paté toscano, il tonno del Chianti (carne di maiale marinata, bollita nel vino bianco e messa sott'olio).

E poi ci sono i vini. Già apprezzati da Paolo Massobrio, tanto che il Montecucco Sangiovese Riserva “Pian di Staffa” 2007 è stato Top Hundred, nel 2013. Vino importante, frutto di un lungo affinamento (almeno 30 mesi) in botti grandi e medie di rovere, e poi ancora un anno di riposo in bottiglia.

Riassaggiato ieri sera, annata 2010 (prezzo al pubblico 16 euro) conferma la sua bontà. Anche se al primo approccio, mi ha fatto storcere un po' il naso. Chiuso, molto chiuso. Bisogna lasciargli il suo tempo. E poi si svela, in profumi eterei che trasportano ciliegie sotto spirito e frutti di bosco, rotondità di cacao, un filo di tabacco. Il sorso è quasi salmastro, minerale, lungo e pulito. Un vino di struttura, potente ma di beva, di buona persistenza. 

Più fresco il Tribulo 2012 (100% sangiovese, prezzo al pubblico 10 euro) che, partito anche lui con il freno a mano, si lascia andare con profumi di ciliegia e un po' di spezie dolci. Più minerale che fruttato però, anche in bocca, dove ha freschezza, nerbo e tannini vispi. Carattere insomma, come un buon Montecucco deve dimostrare. 

La produzione aziendale è completata da altri tre vini: un rosé, fresco e delicato, da uve sangiovese; un bianco, ottenuto da uve vermentino vinificate in acciaio e un blend di sangiovese e cabernet, una novità che sarà messa in commercio prima dell'estate.

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