Nel centro storico di Pavia, questa osteria piena di calore con tante salette, che propone un menu ghiotto

Col suo piatto di cucina padana, l'anatra confit, il cuoco Tino Scardamaglia è arrivato terzo al festival dei cuochi di Sanremo. E mi ha incuriosito. Così una domenica sera, rara avis, siamo andati a Pavia, all’Osteria della Madonna (via dei Liguri, 28 - tel. 0382 302833 - www.osteriadellamadonna.it), una vecchia realtà del centro storico. Ma non temete per l’auto: si posteggia nella via dove c’è il mitico ponte di legno, proprio nei pressi. Poi una piccola salita e dopo trecento metri siete in questa vecchia osteria, aperta da Pompeo Rotondi e oggi gestita dalla figlia Valentina che è in sala.

Un locale sempre pieno di gente, che si divide in una teoria di sale al piano o nel seminterrato. Ambiente pieno di calore e un menu ghiotto. Sulla carta dei vini secondo noi le idee non sono chiare: poco territorio e qualche etichetta importante.

Il menu è vario e come entrée servono un salame buonissimo fatto dal padre di lei. Peccato per lo gnocco fritto, un poco molliccio e lontano dai ricordi dei campioni che fanno in Emilia.

Sui primi è stato un bell’inizio ordinare la pasta e fagioli alla Peo, così come i ravioli neri con baccalà. Buoni anche gli gnocchi di barbabietola e zucca con cime di rapa e zabaione al gorgonzola. La prossima volta ordiniamo la zuppa pavese con brodo di gallina, pane, grana e uovo.

Fra i secondi è ghiotta la faraona disossata ripiena con contorno di verdure e patate, ma eccellenti anche i lattughini di rombo con farcia al gambero sul suo fumetto di zafferano con finferli e olio alla 'nduja. E’ arrivato anche lo sformatino con puzzone di Moena, porcini trifolati e petto d’oca affumicato. Molto buono, radioso.

Infine i dolci: per noi torta Goy, pasticcio di melanzana con ricotta al rhum e cioccolato, Foresta nera, soffiata al limone, crema catalana. Un’ottima sosta che ci fa dire “lo racconterò agli amici”.

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