Cronaca di una giornata speciale, con un vaffanculo ai gufi che fino all’ultimo hanno cercato di dimostrare che siamo un paese di incapaci. Ma avete presente quanti articoli tafazzisti sono stati scritti prima di oggi ? Povera gente, incapace di sognare, e forse anche di lavorare. Ah attenzione, se qualche gufo visita la mostra dei territori al Padiglione Italia e vede dei mattoni rotti per terra sappia che sono lì non perché non hanno finito i lavori: fa parte della mostra stessa, che parla della potenza del limite. Comunque stamane ho preso atto di due cose: per visitare l’Expo da capo alla fine la cosa migliore è arrivare alla fermata metrò di Rho. Se invece si vuole subito entrare nello snodo fra il decumano (dove ci sono i padiglioni di tutti i Paesi) ed il cardo (dove si affacciano le regioni italiane), la cosa migliore è l’entrata dalla cascina Merlata (via Gallarate, fra il cimitero Maggiore e Molino Dorino), dove c’è anche un posteggio auto che si prenota on line. Io sono entrato alle 10,20 da Rho Pero e la prima cosa che ho visto è il Padiglione Zero, bellissimo (di fianco c’è il chiosco di Oldani che alle 16 era vuoto, colpa del tempo, forse).
Appena arrivato scendeva dall’auto l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con la moglie Clio. E mi ha commosso. Mi ha commosso vederlo camminare con il bastone, curioso di conoscere e di dare il suo attestato di stima a una cosa che inorgoglisce il Paese. Mi sono aggregato al gruppetto con Davide Rampello, che ha curato il percorso e man mano sono arrivati il ministro Martina e Roberto Arditti. Questo padiglione è da vedere perché racconta la storia della risorsa della terra, ma anche il rischio dello spreco, con una collina di immondizia (è finta cari gufi, è un’opera d’arte). La parete più suggestiva è quella con 500 monitor che fanno vedere i prezzi delle materie prime di tutto il mondo. Sta a significare che la finanza, con un clic, può mettere alla fame il mondo. Da lì al Decumano è un lungo percorso (ho fatto 15 chilometri a piedi in un giorno). Ho letto su twitter le parole incoraggianti del Papa all’inaugurazione, nel teatro all’aperto sotto la pioggia. Ma il premier Renzi l’ho incontrato de visu dentro al Padiglione Italia, per visitare la mostra sulle 4 potenze del nostro paese. Le due sale sulla bellezza sono intriganti, ma anche quella del saper fare, con un personaggio per ogni regione (per il Friuli Josko Gravner, per l’Umbria Marco Caprai, per il Piemonte Guido Martinetti, per la Calabria Pina Amarelli...). Renzi era coi figli e la moglie e ad un certo punto si è messo a fare una gara a corsa sulle scale coi figli, in uno dei rari spazi dove non c’era la folla ad assediarlo.
Simpatico. Indovinato il doppio, enorme spazio di Eataly, con una trattoria per ogni regione che cucinava. Poi col vassoio vai al piano di sopra (1.200 posti a sedere) e ordini da bere. Funzionerà benisssimo. La coda però si è subito formata per la pizza di Rossopomodoro, che è dentro a Eataly, come la Nutella o la cantina Ferrari. Farinetti era gongolante, e ai microfoni di una radio che ospita nel suo spazio ha detto che per solidarietà coi precari, da oggi dormirà un’ora di meno (dai!). Ho mangiato una pasta all’Amatriciana di Anna Dente dell'Hostaria San Cesareo, spaziale. Altro spazio bellissimo che già ha funzionato alla grande il primo giorno è quello del vino: un padiglione a tre piani, con la suggestione della civiltà del vino al piano terra, i dispenser del vino al piano sopra e una terrazza all’ultimo piano. Bravi agli amici di Vinitaly: una gran cosa di classe, come merita il nostro vino. Un po’ sottotono è invece sembrato lo spazio di Slow Food, in fondo al decumano: poca gente, altre proposte di vini e caci e spazi didattici, con la suggestione degli orti al centro delle tre strutture di legno, peraltro belle. Non ho visto, ma forse è sfuggita, la mostra che Farinetti aveva annunciato sulle biodiversità. C’erano quattro manifesti che spiegavano il concetto, ma l’attrattiva mi è sembrata alla fine la forchetta. Insomma ci sono tante altre cose da visitare con più calma e lo faremo nei prossimi giorni.
L’Expo mi ha dato comunque la sensazione di una grande festa, fatta insieme col mondo (e i muratori bergamaschi, fantastici, hanno pensato loro a finire il Padiglione del Nepal: la solidarietà è un’altra delle nostre potenze). I padiglioni degli altri paesi sono invitanti: quello della Germania, quello 2.0 degli Usa, e via dicendo. Ora ci aspettano sei mesi, durante i quali davvero merita andare: una passeggiata che fa pensare ma anche che fa vedere cos’è la comunità globale quando decide di confrontarsi. E’ una cosa unica, che non capiterà più nella vita, almeno in questa dimensione. C’è da essere orgogliosi, altre che andare a vedere la porta chiusa, i cartoni vuoti dietro il padiglione o altre cose del genere. Qualcuno lo farà, perché il vizio dello sfascismo è sempre in agguato. E meno male che domani i giornali non escono: chi voleva gettare altro fango avrebbe rischiato d’essere sommerso dalla commiserazione. W l’Expo, orgoglio del nostro Paese.
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