Dal salamino del Mandrogno al nuovo bollito misto...

Doverosa premessa: i Due Buoi (via Cavour, 32 - Alessandria - tel. 0131517105) sta ad Alessandria, come il Cambio sta a Torino. Sono locali storici che hanno accompagnato la storia e questo locale mitico di Alessandria porta la data del 1741. Oggi, dopo alterne vicende, è tornato, come il Cambio del resto, ai suoi antichi splendori, almeno in cucina. Perché l'hotel è quanto di più bello e confortevole possa offrire la città, ma mancava il guizzo, anche se il cuoco Domenico Schingaro ha fatto bene la sua parte negli ultimi tempi e infatti è rimasto in squadra accanto a Jumpei Kuroda, 32 anni, cuoco giapponese, che di fatto firma questo menu con Andrea Ribaldone, che era già alla Fermata di Alessandria con Riccardo Aiachini. Ma sarà difficile trovare Andrea ai fornelli, essendo un consulente con la berretta che va e viene. E quel giorno era all'estero. Fatte queste doverose premesse storiche, veniamo al presente. Il locale, che ha due sale, una per gli ospiti dei convegni e l'altra alla carta, è stato completamente rinnovato. Ci sono tavoli bianchi non apparecchiati su cui cade una luce. E questa situazione total white, mutuata dalla nouvelle vague della ristorazione lascia un po’ perplessi. Ma è una rottura netta con i concetti di tradizione che hanno accompagnato, appesantendolo, questo locale.

Anche il nome è cambiato: non più Alli due Buoi Rossi, che in passato divenne persino Red Oxen, ma semplicemente I Due Buoi. In sala ci sarà un personale attento (forse troppo), come menu e carta dei vini ti offrono una rivista di bella grafica, dove Andrea Ribaldone presenta la sua filosofia, i suoi collaboratori e alcuni produttori. E lì si evince anche la novità della vermoutheria, con l'eccezionale vermouth di Scarpa, servito con Moscato e scorze d’arancia. Oltre alla carta, tre proposte degustazione: piccola degustazione a 40 euro; menu cacciagione a 50 euro; menu grande degustazione a 60 euro. La carta dei vini segna se un vino è libero (ma per favore!), se è dei vignaioli indipendenti (vabbè siamo ancora all'ideologia) oppure se è biologico.

Come abbiamo mangiato? Meglio di ogni nostra visita fatta in questi 25 anni. E l'entrée dà subito il tono, con un bicchiere al cui fondo ci sono scaglie di tartufo su cui viene versato un corroborante brodo di manzo e gallina. Arriva anche il salamino della Fraschetta di salmone, una rivisitazione preparata con il salmone del salamino del Mandrogno solitamente fatto con carne di vacca e poi yogurt alla curcuma e burro all'aglio da taglio. E ancora: cono di parmigiano con ricotta e pepe lungo. Mela verde succo di mela, lime, zenzero e anice stellato. Pochi ma incisivi i piatti in carta, a cominciare dagli antipasti: colombaccio, rape (ottimo); merluzzo di nostra salatura, olive nere; calamaro, brodo di calamari; cardi di Nizza, uovo e bagna cauda. Fra i primi si va dagli gnocchi di ricotta, tartufo nero; al risotto, anguilla. Buonissimi gli agnolotti ripieni di fonduta; ma anche i ravioli ripieni di capriolo, fave di cacao. Da provare, fra i secondi: la lepre farcita con le castagne; il bollito misto “oggi”, che viene servito con succulenti pezzi già porzionati a ricordare i fasti dello storico ristorante, ma con un servizio che rimarca una certa discontinuità. Buoni anche il luccio, pesto mandorle e capperi; da provare il galletto con salsa cacciatora. Non manca una selezione di formaggi, sapendo che il servizio del vino a bicchiere vi verrà incontro su ogni scelta che farete. Alla fine i dolci, ovvero Ricomincio da… composta di frutta e verdura; la zuppetta di mela con cheese cake e sorbetto alle mandorle; il cachi, castagne e tartufo e il semifreddo torrone Chiodo. Una gran bella cena. Perfetta, piacevole.



 

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