Pregi (e difetti) al punto giusto dei vini che ti aspetti dall'astigiano del Ruchè

Li abbiamo chiamati i vini della certezza perché sono i vini che ti aspetteresti nel bicchiere, che assomigliano a chi li produce, come un biglietto da visita. Anzi, una stretta di mano. Loro, i Garrone da Grana (Via Roma 58 • tel. 0141 92629), sono una famiglia che da più di un secolo fa vino sulle colline verso Montemagno e Castagnole, una zona antica del Monferrato che rientra nel territorio più vocato per il Ruchè. Anche la loro storia è paradigmatica. Il nonno Evasio era un commerciante che, dopo il primo Dopoguerra, inizia a produrre vino e negli anni, con il lavoro, quello duro, quotidiano, in vigna, mette su un’azienda che oggi conta 20 ettari di terreno.
E’ la storia di un Piemonte cocciuto e determinato, di contadini “risparmiosi”, che fanno il loro vino, da sempre, con le uniche modifiche legate ai miglioramenti produttivi e qualitativi. Oggi l’azienda conta due cantine, una più moderna e quella originaria, degli anni Venti, con le botti grandi, vecchie anche più di un secolo, mentre gli impianti - periodicamente rinnovati - hanno in media 20 / 30 anni. I loro vini sono classici, niente fughe in avanti, voli pindarici, interpretazioni: sono quello che di più vicino potete aspettarvi alla descrizione del manuale AIS e hanno la piacevolezza delle cose fatte con cura, secondo metodi assodati.

Il Ruchè di Castagnole Monferrato è un punto d’orgoglio.  Il campione 2015 è affinato esclusivamente in acciaio: quanto arriva nel bicchiere è quindi l’espressione più diretta di questo vitigno. Non stupisce perciò un colore che dal rubino già cede sull’unghia, un naso mediamente fine, intenso, con i profumi floreali che caratterizzano il vitigno (la rosa, il geranio), la frutta rossa (ciliegia) e poi una spolverata di pepe che si ritroverà al palato, dove il vino mostra già una buona struttura e una nota amarognola, spigolosa. La Barbera d’Asti superiore 2013 trascorre un anno in botte di rovere grande e successivamente sei mesi nel vetro, per arrivare a un vino che si esprime con un naso pulito, note ben definite di ciliegia e mora, nel pieno dell’estate, una sottile speziatura e in bocca di buona struttura e un’acidità ben delineata come d’obbligo nella Barbera d’Asti. Poi c’è il Grignolino d’Asti, annata 2014, che si inserisce nella crescita generale di questo vino (come abbiamo avuto modo di segnalare più volte negli ultimi mesi). Di colore rubino che sull’unghia tende all’arancio, ha un naso di buona finezza, floreale (viola) e fruttato (ciliegie), con una spiccata nota verde, erbacea e quasi aromatica. In bocca c’è invece la sorpresa di un vino rotondo, in cui la nota amarognola è ben addomesticata, anche grazie a una buona struttura. Un campione di due anni armonico, pronto, che nel gioco degli abbinamenti può aprirsi alle carni come al pesce. 

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