È un sabato afoso e caldo, mattina all’Expo e poi ritorno a casa prima di ripartire per Moncalvo alla festa di Lauro Micco. Si chiacchiera al telefono con Marco Gatti e, solo dopo un quarto d’ora, arrivano due sue telefonate che si accavallano con quelle di Silvana, mia moglie. “Abbiamo letto su facebook, nella pagina di Raffaella Bologna, una cosa terribile: Maria Luisa Fassi è stata accoltellata nella sua tabaccheria. È ricoverata all’ospedale di Asti”.
Il fatto è accaduto alle 7,20 del mattino, ma solo ora se ne ha notizia. Oddio, Maria Luisa, quella col sorriso, la figlia di Piero e Pina Fassi. Chiamo Giorgio Calabrese, che sta andando in ospedale. Maria Luisa è sotto i ferri, la situazione è grave. Quando arrivo a casa, verso le 18 mi richiama Giorgio: “È morta!”. Dieci coltellate, che poi diventano 25 nella cronaca delle agenzie. Il gesto di un folle, questa è l’unica certezza, perché non si va a rapinare alle 7 del mattino quando le casse sono vuote. Vorrei abbracciare Piero e Pina, ma chissà in quale stato si trovano in questo momento... A Moncalvo nessuno sa ancora nulla. E quando dò la notizia, la gente rimane incredula, in silenzio. I Fassi, una vita di passioni: il Palio, il ristorante in riva al Tanaro che venne devastato dall’alluvione del 1994, ma sempre la famiglia unita, attorno alla cucina di Pina, che è la regina delle cotture e che cucinò persino a Papa Giovanni XXIII quando venne in visita ad Asti. Da un anno erano tutti ad Asti, alle cucine di Eataly. Quando andai a trovarli c’erano tutti, anche Maria Luisa con la sorella Maura. Sempre sorridenti (eccoli nella foto del mio iPhone).
Aveva la mia età Maria Luisa: gran lavoratrice, i turni in quella frequentatissima tabaccheria e poi la sera a dare una mano ai genitori. Oggi non c’è più. S’è spezzato un sorriso nella maniera più violenta e misteriosa che si potesse immaginare. Ma chi può immaginare un ciclone bestiale come questo, che si è abbattuto su una bella famiglia: marito, moglie e due figli ventenni. E i nonni, Piero e Pina, che rappresentano la storia di Asti. Loro che al mattino presto si siedono al tavolo e si dividono le pagine della Stampa, e la leggono da cima a fondo, commentando insieme. Lo hanno detto anche a Mario Calabresi, un giorno che ci siamo incrociati. Gli avevo proprio chiesto: “Raccontate al direttore...”.
Oggi i giornali scrivono quello che loro avrebbero mai voluto leggere. In questi casi in questo nostro basso Piemonte si usa dire: “Fatt curagi” (fatti coraggio). Che detto oggi sembra una beffa, in un città dove i delitti sono a ripetizione e questa è la seconda tabaccheria presa d’assalto. Mancano le telecamere, non c’è un piano di sicurezza. Ma che succede? Oggi non abbiamo parole e neanche quelle contro qualcuno servono a lenire un dolore. C’è solo la preghiera: che Dio non ci lasci soli. Piero e Pina, Maura, ragazzi, vi abbracciamo forte. Il sorriso deve vincere ancora. Deve vincere sopra a ogni cosa.
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