Gli italiani in allerta cercano nel cibo sicurezza e conforto

Nell’ambito del Sostenisario, sezione del Golosario dedicata agli operatori e alle tematiche della sostenibilità,  pubblichiamo un contributo che ci è giunto dall'Università Cattolica con cui continua la collaborazione avviata già da due edizioni di Golosaria Milano dov'è stato presentato il software per l'elaborazione in 3D di stoviglie e packaging.

Emergenza Covid19 e impatto sulle percezioni dei consumatori, tra psicosi ed engagement

In allerta psicologica, ecco lo stato di molti italiani di fronte alla emergenza causata da coronavirus. Questo il primo quadro che emerge dall'analisi condotta dal Centro di ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona.
«Gli sviluppi iniziali dell’emergenza coronavirus in Italia – ci spiega la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario di psicologia dei consumi e della salute e direttore dell'EngageMinds Hub dell’Università Cattolica – hanno portato le autorità sanitarie a mettere in atto una serie di misure restrittive per contenere la diffusione del virus e il potenziale contagio. Tali misure, tuttavia, si ripercuotono sui cittadini, producendo allarmismo e senso di incertezza sul futuro e sulla propria condizione di salute. In questo scenario nelle prime settimane di emergenza, cioè il momento più significativo, EngageMinds HUB ha condotto una ricerca volta a mappare le principali reazioni degli italiani all’emergenza Covid-19 in relazione alla loro capacità di “engagement”: cioè di elaborare psicologicamente le preoccupazioni legate allo stato di emergenza e di assumere un ruolo proattivo e collaborativo nel processo preventivo».

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In equilibrio? Pochi

In generale, lo studio rivela come solo il 16% degli italiani sia in uno stato di “equilibrio” psicologico e quindi risulti capace di agire in modo sinergico con il sistema sanitario e le prescrizioni per ridurre il rischio di contagio. E il maggior tasso di “allerta” psicologica è presente al sud e isole e nel nord est. Inoltre, se il 35% degli italiani si dichiara preoccupato per l’emergenza nuovo coronavirus, il dato raddoppia tra coloro che si trovano in “allerta”.

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L'impatto sulle scelte di consumo

I diversi livelli di engagement risultano predittivi anche dei consumi quotidiani. In particolare, i cittadini “in allerta” per la paura del Covid19 hanno fatto scorte di cibo in maniera maggiore rispetto alla media degli italiani (9% contro 6%); così come comprato più farmaci (13% contro il 9% degli italiani) e prodotti per la disinfezione personale (27% contro 18%). Inoltre chi è in allerta ha drasticamente modificato le proprie abitudini quotidiane perché più spaventato dalla possibilità di contagio: il 65% ha ridotto molto gli spostamenti quotidiani (contro il 19% di chi è in equilibrio), il 20% ha comprato una mascherina (contro il 6% di chi è in “equilibrio”) e frequentare di meno posti affollati (82% contro il 39% di chi è “in equilibrio”).

Focus sui consumi alimentari

La popolazione italiana, dopo aver appreso della diffusione del coronavirus, ha principalmente aumentato gli acquisti di surgelati e di prodotti in scatola e in lattina. Tale aumento di consumi è maggiormente evidente fra coloro che si dichiarano in «allerta».
Rimane abbastanza alta – circa la metà degli italiani – la percentuale di coloro che si dichiarano propensi ad acquistare prodotti alimentari che provengono dalle zone "focolaio"; tuttavia, tale percentuale diminuisce fra coloro che si percepiscono in "allerta". Sempre in questo ambito, chi è in "allerta" presta maggiore attenzione, rispetto al campione italiano, all’origine dei prodotti alimentari acquistati.

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L’incrocio con i dati Ismea

«L’impatto della Covid-19 sui comportamenti delle persone – sottolinea la professoressa Graffigna – è talmente pervasivo che un approccio multidisciplinare può favorire la comprensione dei fenomeni. Per questo motivo abbiamo incrociato le evidenze risultanti dalla nostra ricerca con quelle emerse da un recente Rapporto Ismea, riferito alle stesse settimane di emergenza, per comprendere se sia possibile parlare di una corrispondenza tra stati psicologici dei consumatori e dati di vendita nel mercato alimentare». +19% per i prodotti confezionati rispetto al 2019 In effetti, dall’analisi dei ricercatori di psicologia dei consumi dell’Università Cattolica emerge che se, come descrive Ismea, da un lato nelle prime quattro settimane dell’emergenza Covid-19 la spesa degli italiani per i prodotti confezionati ha superato del 19% quella delle analoghe settimane dell’anno scorso, dall’altro lato questa evidenza corrisponde al livello di engagement nella salute e di allerta psicologica media delle diverse regioni italiane, così come rilevata nello stesso periodo dall’indagine svolta dai ricercatori di EngageMinds Hub. In particolare, è interessante notare come le aree del Paese che mostrano un livello di preoccupazione ed allarme sul piano dell’elaborazione psicologica più elevato, presentano anche una più marcata modifica dei comportamenti di consumo rispetto alla media nazionale per diverse categorie merceologiche.

Da un punto divista psicologico sembra quindi che il consumatore punti ad acquisti che lo tranquillizzino emotivamente EngageMinds Hub

E non è tutto. Tra questi prodotti si trovano alimenti definiti “di stock” (come riso, pasta, latte Uht, conserve, ortaggi surgelati, uova) e cibi definiti “di comfort” (come mozzarella, formaggi, prosciutto crudo). Da un punto divista psicologico sembra quindi che il consumatore punti ad acquisti che lo tranquillizzino emotivamente. Con pasta riso e latte a lunga conservazione accumula prodotti di scorta; mentre con cibi più gustosi, e magari più cari, cerca di offrirsi un appagamento da opporre, in chiave individualistica, alla nuova pericolosa situazione emergenziale che vede all’esterno della propria casa.

EMH-Unicatt---2020-04-17---Incriocio-dati-EMH-e-Ismea-(2).jpgNOTA METODOLOGICA: LA VALUTAZIONE DELL'ENGAGEMENT
Da tempo il centro EngageMinds HUB ha validato un modello psicologico di valutazione dell’“engagement” (definito People Health Engagement Model**) articolato in tre posizioni incrementali:

 

  • allerta”: stanno in questa posizione i non ingaggiati, cioè coloro che sono particolarmente spaventati e disorientati dall’emergenza e mettono in atto comportamento disorganizzati e disfunzionali per il sistema sanitario;
  • accettazione”: si tratta di una posizione intermedia di engagement, dove si posizionano coloro che stanno elaborando le loro preoccupazione per la situazione in atto, tentano di mantenere la calma, sebbene non riescano ad essere del tutto lucidi e razionali nelle loro scelte comportamentali;
  • equilibrio”: si tratta di una posizione di pieno engagement ed entrano in questo profilo coloro che sono riusciti ad accettare la situazione critica attuale e a adattarvisi, sforzandosi di trovare nuove forme di normalità.

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NOTA: LA RICERCA E IL PROGETTO CRAFT
Queste ricerche si situano nell’ambito di un monitor continuativo sui consumi e sull’engagement nella salute condotta dal centro di ricerca EngageMinds HUB, che rientra nelle attività del progetto Craft (CRemona Agri-Food Technologies): un progetto avviato dall'Università Cattolica nell'ambito di Cremona Food-Lab, con il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo. La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di mille italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione. La survey è stata realizzata con metodologia CAWI. I dati sono stati rilevati nel periodo 27 febbraio- 5 marzo 2020. I dati sono stati elaborati dal team di ricerca coordinato dalla professoressa Graffigna e composto da Mariarosaria Savarese, Greta Castellini, Lorenzo Palamenghi e Serena Barello.

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