Cena straordinaria nelle essenze del ristorante El Molin di Cavalese

La prima impressione che vi coglie dopo aver passato una sera da El Molin di Cavalese (Tn) è che la cucina di Alessandro Gilmozzi sia in generale sottovalutata. E lo è pure dalla nostra guida, che fino a oggi gli ha riconosciuto l’eccellenza del radioso, ma non la meritata corona (in verità già suggerita dai nostri collaboratori E. & S. che lo avevano provato quest’anno). Ma la ottiene in via espressa dopo la mia visita del 30 dicembre 2022, ospite inaspettato, infilato in un tavolo da quattro, con nostri altri collaboratori che hanno casa proprio a Cavalese.
Per arrivarci devi puntare direttamente nel vecchio centro storico del paese, in direzione piazza Cesare Battisti, benché l’ingresso sia in via Muratori, 2. E qui si aprono due ingressi.
molin-ingresso.jpgIl primo è del Winebar&Bistrot El Molin, dove puoi ordinare alla carta (9 antipasti, 2 primi oppure 2 secondi e tre dolci) all’insegna della sosta informale che ti invita già nella prima riga del menu con il “Panino dell’Oste” (quella sera panettone gastronomico e hamburger di manzetta a 16 o 18 euro). In carta, qui, taglieri di salumi e formaggi scelti, chicche spagnole e naturalmente speck e poi i gettonatissimi tartare di manzo piemontese e uovo 69°, fino alle più sfiziose capesante planciate con salsa al nero di seppia e liquirizia. Ai primi c’è la lasagnetta croccante, ma anche le mezze maniche con gambero rosso (14 o 16 euro); ai secondi la guancetta di manzo brasata o il filetto di morone lardellato (19 o 23 euro). Fra i 4 dolci (da 12 a 14 euro) non manca il tortino al cioccolato con cuore dolce e la variazione di gelati e sorbetti oltre a altre due scelte. C’è poi un fuori menu scritto su una lavagnetta (lumache alla bourguignonne, tartare di tonno e crostacei alla catalana).
molin-wine bar.jpgL’altra sosta è poi davanti al Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme col Rio Gambis a fianco. Qui l’antico Palazzo Riccabona ospita la Pizzeria Excelsior, che grazie ad Alessandro Gilmozzi, ha proposte gourmet con farina macinata a pietra, lievito madre e 72 ore di lievitazione. Nel topping, il salmerino dei ruscelli trentini, il Puzzone di Moena che si sposa ai pomodorini del Piennolo e alla cipolla rossa di Tropea (Strada Dolomites - tel. 347 2134013). Nella nostra prova del 2 gennaio abbiamo assaggiato la pizza al Pomodoro del Piennolo, ricotta, sarde del Cantabrico, origina e limone; la pizza alla burrata, pomodoro vesuviano, pesto al basilico con l’olio straordinario della siciliana Tenuta Rocchetta (cultivar Nocellara).
molin-pizza.jpgIl costo delle pizze è di 14 euro ciascuna, ma la Margherita costa 8 euro e la Quattro stagioni 9. A 10 euro vi è poi una proposta di cinque varietà di monograno Felicetti da condire a piacimento (amatriciana, carbonara, pomodoro, ragù di carene o solo burro).
A questo punto, particolare non secondario, merita una citazione la Birra di Fiemme di Cavalese, che debuttò più di 20 anni fa a un’edizione di Golosaria alla Piazza dei Mestieri di Torino. Ottimo birrificio in località Santa di Masi di Cavalese, è stato fondato nel 1999 dal fratello Stefano Gilmozzi (dal 2000 sono nella nuova sede sopracitata, che è anche un agriturismo come quello che abbiamo scoperto sempre in questa frazione: la Troticoltura Vinante, che citiamo in fondo a questo articolo).

Detto questo, la nostra cena del 30 dicembre è stata da El Molin Essenze, ovvero il ristorante gourmet che rappresenta la massima espressione di Alessandro Gilmozzi, attraverso due formule di menu degustazione rispettivamente di 8 o 13 portate (a 140 o 170 euro) con abbinamento vini (a 50 o 70 euro) ad opera dell’ottimo maître Iliass El Ammari.
Prima di addentrarci nell’esperienza è tuttavia d’obbligo una premessa, perché essendo nota la nostra avversione ai menu degustazione, questa di Gilmozzi rappresenta un’eccezione giacché lui ha creato intorno al suo percorso/esperienza più di un’alternativa, che abbiamo opportunamente raccontato prima. Certo la parte migliore, anche dal punto di vista emozionale dell’ambiente è qui, dove, appena varcata la soglia, sei avvolto dal mistero di un mulino riattato, con le sue antiche macine in bella vista. Scendi e sali le scale per raggiungere il tavolo che sarà in una teoria di salette aperte, su vari livelli, in un ambiente caldo, grazie a un gioco di luci decisamente indovinato.
molin-interno.jpgOra, dopo i doverosi amuse bouche, si inizia con le “Miniature wild” che introducono al concetto di cucina di montagna (o Dolomitica) di Alessandro.
molin-amuse_bouche.jpgFra formaggio di pinoli, muschio, tarmele e cocktail affumicato, la portata che m’ha conquistato è stato il Pape de Mondole (piatto antichissimo della valle di Cembra, che nasce come polenta di mais allungata con castagne bollite. Ma nell’interpretazione di Gilmozzi il mais viene tostato e poi frullato e accanto viene posta una zucca lavorata con aceto di lichene e poi la castagna passata in salamoia per 21 giorni e finocchio essiccato a rifinire).
molin-pape.jpgGeniale, fra i primi, il Macaron di pasta Felicetti, mentre la lepre con il plin in contaminazione è un descrittore preciso della sua capacità di concentrare i gusti (o le essenze) in un piccolo boccone.
molin-macaron.jpgFra i primi arriva anche un risotto speciale che vuole rendere omaggio al suo passato da Ducasse dove ha imparato la sublimazione della lumaca (fa una distillazione del fieno che viene utilizzato come acqua di cottura, mentre le lumache vengono lavorate come una bourguignonne per ottenere una leggera fibra che dà l’idea di una terra crespolata messa sopra; il burro di lumaca viene usato invece per mantecare). E qui apprezzi anche la cottura perfetta di quel Carnaroli, che ad alcuni può sembrare di tendenza cruda, mentre io l’ho ritenuta ideale.
molin-risotto.jpgNotevole è poi un piatto di mezzo che arriva in tavola col nome di Il Pane del Viaggio, che sembra una merenda con una pagnotta fragrante appena sfornata (pane di segale su cui spalmare un burro di malga affumicato, accanto al formaggio Zigher, di un piccolo produttore).
molin-pagnotta.jpgSi prosegue con la “Nostra minestra di funghi”, che resterà un piatto memorabile, dove l’incisività del gusto in questa forma non m’è mai capitato di sentire.
Sorpresa poi per un piatto che ricorderemo a lungo: la Radice di prezzemolo (la usano in pochi, mentre Gilmozzi cuoce la radice concentrando il suo sapore). La radice viene solo raschiata e lavata, con l’acqua recuperata per bagnare gli orti. Quindi marinata per 12 ore come fosse un salume, con timo, aglio selvatico, ginepro e una punta di menta. Viene poi messa in sottovuoto e maturata con gli ultrasuoni. Infine grigliata con le pigne. A parte viene creata una crema di rapa coltivata della figlia di Elisabetta Foradori e poi una salsa di carota; con la parte verde si fa una centrifuga che dà un sapore fresco che ricorda un melone. Chiusura con due foglie di germogli di rapa. Un piatto assoluto!
molin-radice.jpgSi prosegue con la guancia di cervo brasata, di una delicatezza unica, prima di arrivare al piatto simbolo della cucina di Gilmozzi, che è l’Icy Corteccia ovvero un gelato alla corteccia di cirmolo con crumble di sottobosco: mirtillo, ginepro, betulla candita, nocciola selvatica e lichene candito.
molin-dolce.jpgIn chiusura le miniature dolci.

Nel corso del menu non sono mancati assaggi di resina, ma anche di due alcolici prodotti da Gilmozzi: un Gin prodotto con ginepro rosso e barrique di acacia (usata da Pojer e Sandri) che veniva prodotto a inizio Novecento e il Cavalese Walden Bitter che contiene corteccia, elicriso, erba cola, liquirizia, genziana, galanga, noce e artemisia.
gin-cavalese.jpgChiudo la mia recensione con gli appunti che ho scritto immediatamente sul telefonino, verso fine cena: “A me i gusti concentrati di Gilmozzi trasmettono qualcosa di intimo, dove la resina è l’essenza della forza, forse la cifra della sua stessa interpretazione delle materie concentrate”.
Che dire? Un’esperienza a tutto tondo, in un luogo che sarebbe riduttivo definire solo ristorante. Questo è un laboratorio vero e proprio, che ha spunti scientifici davvero interessanti per tracciare la tradizione portandola nella contemporaneità.

P.s. Se vi trovate a Cavalese questi sono i posti imperdibili dove andare:
Cose Buone da Paolo per lo strudel perfetto e le tantissime sfiziosità di alto gusto (piazza Scopoli, 12 – tel. 0462340266)
cose buone da paolo.jpgDelizie Welponer (boutique del gusto - via F.lli Bronzetti, 27 - tel. 0462340252)
Macelleria Dellafior per il miglior cotechino dell’anno, specialità il pane farcito di pasta di salame (loc. Masi - via Chiesa, 70 - tel. 0462341586)
dallafior.jpgTroticoltura Vinante per salmerini e trote, ma anche cena su prenotazione (loc. Masi via Chiesa, 2 - tel. 0462 340367)
Birrificio Fiemme per le birre Lupinus con una varietà di lupino coltivato in Alto Adige, Nòsa con luppoli selvatici della val di Fiemme, Fleimbier helles “storica” e la rossa Larixbier (loc. Santa, 7 - Masi di Cavalese - tel. 0462930728 - 3792118135)
Panificio Tarter per il pane rustico e la ciambella (via Muratori, 2 - tel. 0462 340296)
Tito speck per speck e wurstel, pranzi e cene (loc. Ganzaie - Pozze di Sopra, 2 - tel. 0462342244)
titospeck.jpgDispensa Trentina per le specialità di ricette sottovuoto (via Costa Salici, 10 - tel. 0462340140)

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