Una casa su un pianoro circondato dal bosco, una cucina casalinga, di sostanza, realizzata con ottimi ingredienti locali fanno di questa trattoria un luogo in cui si vuole ritornare

A volte capita di scrivere di un ristorante parlando d’altro, non perché i piatti non servano a sbrogliare il racconto ma poiché altre componenti - di atmosfera e sensazioni - predominano e si rincorrono tanto da fondersi. I Lecci di Castiglione d’Orcia (Si) è forse ancora poco conosciuto, noi ci siamo capitati (SP 18/Dorsale del Monte Amiata km 4.4 - tel. 0577 887287) la prima volta per caso, seguendo il filo della scoperta e non il tam tam popolare.

E, seguendo quell’ideale racconto, immaginate che una mano abbia posato questa casa su un pianoro dove tutto attorno è bosco, fitto e un po' arruffato, così selvatico e defilato che bisognerà avvicinarlo piano piano perché, solo a tu per tu, capirete che dalla strada non avevate percepito l’insieme e che dietro c’è altro. E i piatti riflettono un po' tutto questo, come a volte succede con certe persone che sembrano distanti ma, sotto sotto, in realtà più avvicinabili di quanto si pensi. Girato l’angolo, sarà spettacolare la terrazza adatta a far tardi la sera guardando le luci o godendo degli interni di casa calda e accogliente, con l’ingresso che si allunga nel bancone bar con la lampada accesa.

E, pari all’atmosfera, troverete ricette terragne e casalinghe, senza inutili pose, perché la sostanza è tutta nella località degli ottimi ingredienti. Lo capirete dai salumi e formaggi locali e dalla tartare di Chianina, proseguendo con la buonissima crema di ceci e tagliolini con olio nuovo, zuppa di funghi e castagne, crema di verdura di stagione, pappa al pomodoro. Come pasta fatta in casa abbiamo assaggiato, in diverse occasioni, i pici con l’anatra, gli strozzapreti impastati con il Brunello e conditi con sugo bianco di Cinta, le pappardelle ai porcini, gli gnocchi con sugo di cinghiale, le tagliatelle con sugo di lepre.

La tradizione si fa sentire nel peposo che è come un po' un abbraccio, nelle tante carni come il filetto di Cinta, il cinghiale alla cacciatora o il maialino al finocchio. E anche i contorni (che sembrano e non sono solo questo), risultano sostanziosi e quasi più piatti a sé, come il tortino di cavolo nero con crema di pecorino e zafferano, quello con porro e cavolo bianco o i fiori di zucca fritti.

Si chiude con dessert tradizionali come millefoglie con crema, lamponi e scaglie di cioccolata, zuppa inglese e semifreddo al caffè, in un locale dove torniamo sempre volentieri e che merita ancora tanti altri assaggi.

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