Un saluto e un grazie a Gianni e Mina che, dopo quindici anni, hanno deciso di servire il pranzo di Natale e poi chiudere il loro locale

Di solito un ristorante - se sceglie di cessare l’attività in questo periodo - aspetta di allestire il cenone di Capodanno, concludere in gloria e chiudere con il botto. Ma Gianni e Mina, titolari de La Casa nel bosco di Cassinasco (At), non hanno mai amato molto l’ultimo dell’anno e, pur facendo sempre il pienone, non proponevano musica, non aumentavano i prezzi e non cambiavano i piatti rispetto a quelli serviti d’abitudine. Quindi, per terminare i 15 anni di attività, hanno scelto di servire il pranzo di Natale e poi via, verso una libertà tutta da inventarsi.

E loro sono sempre stati specializzati nell’arte del reinventarsi visto che, quando hanno ristrutturato la loro casa e ideato il ristorante, arrivavano da esperienze di vita e attività attinenti la cucina ma sempre ricominciando da zero. E nel loro locale hanno ricominciato con una miscela tutta loro: una casa nel bosco (nome omen) che era più abitazione privata che altro; che aveva sì piatti da ristorante (nel senso della bravura e dell’ospitalità) ma che poteva essere considerata quasi un agriturismo, visto l’approvigionamento locale dal loro orto e frutteto. Quegli stessi terreni nei quali i clienti - con la formula ribattezzata Pic Eat - potevano recarsi per raccogliere frutta e verdura per portarla direttamente in cucina e trasformarla in piatti. Un unicum nella zona che, in quindici anni, ha saputo offrire caratteristiche così particolari da farne un riferimento sicuro e ambito del territorio. Noi li abbiamo seguiti ed apprezzati da subito, con Gianni che accoglieva e raccontava, da oste, la loro storia e i loro piatti e Mina che, con il potere delle materie prime, sapeva creare piatti semplici ma raffinati e tradizionali. E di tutti questi anni non possiamo non ricordare le tante serate e pranzi passati a parlare di cucina e progetti, vini e formaggette, viaggi e nocciole, in un’atmosfera che è ed è stata una ricchezza tra la Valle Bormida e la Langa astigiana.

Innanzitutto una cantina che sapeva sorprendere sempre, non con i soliti noti, ma con vini di piccole meritevoli realtà e poi così, sull’onda del ricordo, i tanti piatti assaggiati, sempre porti con grazia, umiltà, attenzione e sempre così pieni di gusto. Come il vitello tonnato dalla salsa corposa, la loro semplice salsa di pomodoro che accompagnava i tanti flan stagionali, i tortelli ripieni di cardi con fonduta, la pasta e fagioli, il minestrone alla Barbera con tajarin, i capunet di baccalà, il petto d’anatra al rosmarino o con i fichi, la loro selezione di formaggette, l'imperdibile e straordinaria panna cotta di nocciole fatta da una delle migliori creme che esistano.

Un ringraziamento quindi per i tanti momenti (non solo di gusto) che hanno saputo regalare - non soltanto ai clienti - ma a tutto il territorio e un grande in bocca al lupo per tutto quello che li aspetterà in futuro! Un grazie anche da parte di Paolo Massobrio, che di fatto è stato fra i primi a recensirli su quella che era la GuidaCritica&Golosa, oggi approdata al GattiMassobrio, taccuino dei migliori ristoranti d’Italia, dove il nome Cassinasco, ahinoi, non appare più.

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