Un tour di degustazione di 14 etichette alla Casa Vinicola Bersano di Nizza Monferrato

Siamo agli albori del secolo scorso quando ha inizio una storia d'amore tra una famiglia – i Bersano – e un territorio patria dei più grandi viticoltori – il Monferrato. L'anno è il 1907 e proprio nel cuore del comprensorio della Barbera d'Asti, ovvero Nizza, inizia l'avventura della Casa Vinicola Bersano. Il grande e indimenticabile impulso qualitativo al marchio aziendale viene dato nel 1935 da Arturo, carriera da avvocato ma vita da vignaiolo, il quale, credendo nella forza e soprattutto nella bellezza del territorio, impone la sua orma sui vigneti e in cantina.

Fondatore della Confraternita della Bagna Caoda, la sua figura resterà per sempre associata a un movimento di tutela e valorizzazione dei prodotti monferrini, oltre alla capacità manageriale ed imprenditoriale. A cavallo degli anni '80-'90 l'azienda è promotrice del successo langarolo con l'etichetta Cascina Badarina (tenuta acquistata nel 1968 a Serralunga d'Alba), aggiungendo alla propria gamma un'etichetta di Barolo.

Il 1985 è l'anno in cui alla guida arrivano Ugo Massimelli e Biagio Soave: sono loro a consolidare l'imponente realtà di cascine – oltre alla Cremosina acquistata da Arturo e alla Badarina in Langa si aggiungono la Generala ad Agliano Terme e la San Pietro a Castagnole Monferrato – e a portare la produzione all'incredibile numero di un milione e duecento mila bottiglie.

È per la forza di questa storia che non potevo assolutamente rifiutare l'invito di Paolo Massobrio e Andrea Voltolini a visitare la cantina per una degustazione, dove veniamo accolti calorosamente dall'energico Filippo Mobrici – agronomo e manager della «Bersano vigneti» – e da Roberto Morosinotto – attento ed esperto enologo. Guidati proprio da quest'ultimo, procediamo con un tour di quattordici etichette.
bersano_bottiglie.jpgIn apertura un piacevolissimo Piemonte Sauvignon 2019. Frutta gialla matura, agrumi e la nota elegante varietale. Giallo paglierino acceso ci sorprende per freschezza, equilibrio e morbidezza. Lo abbandoniamo con dispiacere, percependo un sentore di menta appena colta.
bersano_piemonte-sauvignon.jpgVinificato in tonneaux di secondo passaggio il Piemonte Pinot Noir 2016 è minerale, si sente la grafite. Ha forza, potenza. Sullo sfondo note di sottobosco e affumicatura, forse non ancora elegantissimo, ci attendiamo grandi cose con il tempo.
bersano-pinot_noir.jpgPassiamo poi all'amata Barbera d'Asti, semplice ma diretta la 2017, con piccoli frutti rossi e un'acidità pregnante, ben inquadrata. La versione superiore ha il nome di “Cremosina” (ricordate la Cascina di Arturo?) che dopo 12 mesi in botte grande ha decisamente una spinta in più. Concentrazione maggiore di frutta, note vinose con una nota sapida finale molto piacevole. È potente e lunga, un gran bel bicchiere.
Della stessa stoffa è la vendemmia 2016 che fa percepire maggiormente il tannino, rara avis nella Barbera.
bersano_barbera_cremosina.jpgDi grande caratura è il Nizza riserva “Generala” dello stesso millesimo, 2016, con sentori meno rustici dei precedenti. Incenso e un frutto netto che per me era ciliegia. Paolo sottolinea l'equilibrio del vino, facendo notare che non è ancora al massimo della sua espressione gusto-olfattiva.
bersano_generala.jpgPiccolo inframezzo di riflessione sul Grignolino d'Asti 2019 che ci parla di fragola e croccantezza, tannicità significativa per un vino più immediato, ma non per questo meno buono.

Ritorniamo dunque sulla “Generala”, con una verticale di cinque annate.
La 2015 trasmette sentori di barriques – che nelle annate correnti non è più utilizzata. Profumi più complessi ed eleganti, per una struttura di carattere. Punta sui terziari la Riserva 2011, sicuramente una delle migliori della giornata; anche dopo una mezz'ora il naso è potente e vigoroso, mantiene la viola tipica del vitigno su uno sfondo di cacao e spezie.
La mineralità è invece la caratteristica del millesimo 2007, con ricordi di terra bagnata. Stupefacente la 2000, che è ancora viva. Tabacco, datteri e frutta essiccata che ritroviamo poi nella 1999, forse con ancor più espressività, e promessa di longevità.
bersano_generala-1999.jpgPenultima etichetta in degustazione è il Ruchè di Castagnole Monferrato, vestito di un rosso violaceo invitante. Profumi floreali, frutti esplosivi e speziatura finale. Semplicità e godibilità le direttive.

Concludiamo in bellezza con il Barolo “Badarina” 2012, che dai vigneti di Serralunga prende potenza ed equilibrio, dove emergono nette note di prugna cotta e frutta sotto spirito. Poi humus e una bellissima chiusura su note balsamiche, dove è palese la menta.
bersano_barolo-badarina.jpgLa visita termina con il gradito arrivo di Ugo Massimelli, simbolo inestimabile del valore umano e imprenditoriale della cantina Bersano, baluardo della Barbera e ambasciatrice del Nizza nel mondo. Si chiude con la figlia Federica Massimelli e con Filippo Mobrici, con una chiacchierata finale.
bersano_paolo-mobrici.jpg

P.S. di Paolo Massobrio

Ho voluto fare questa degustazione in cantina per svariati motivi. Il primo è quella Barbera d’Asti Generala 1997, secondo anno di produzione che, prelevata nella mia cantina, mi ha aveva stupito. E non avrei mai immaginato un’integrità del genere. Il secondo motivo era respirare una storia che ci appartiene.
Nel 1986 partecipai alla mia prima bagna caoda nel Museo Bersano, ma Peppino Zola, amico di lunga data e figlio di quell’Angelo Zola, fondatore dell’Associazione Barman, mi aveva parlato a lungo dell’amicizia fra Arturo e Angelo, quando a Viverone facevano la bagna caoda e Arturo portava il Dolcetto. Chi era Arturo Bersano? Un visionario, un leader del mondo del vino, un ambasciatore che aveva la netta percezione del valore del Monferrato in quanto a vini. E quindi della Barbera.
La degustazione di venerdì è stata una conferma: la Barbera, vino di caratura internazionale senza se e senza ma. Complesso come i grandi vini rossi del mondo, decisamente grande quando invecchia, ma già rorido di promessa quando è giovane.
Stefano, che è anch’egli figlio di queste terre (lui è di Mongardino, io di Masio), ha descritto bene questi assaggi che sono stati un regalo. Come lo è stata la stretta di mano con Ugo Massimelli, colui che insieme al suo amico Biagio Soave ha dato una continuità affettiva ed effettiva a questa cantina preziosissima per tutto il territorio. Giornata memorabile!

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