11 luglio 1995. Una data che ha il colore del lutto quella che ricorre tra pochi giorni: 24 anni fa, a Srebrenica l’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina aprì uno dei capitoli più truci della storia umana, uccidendo 8.000 musulmani bosgnacchi, per lo più ragazzi e uomini, e seppellendoli in fosse comuni. Un tragico massacro che ancora oggi costringe i sopravvissuti e i parenti delle vittime a convivere con la sua memoria, confrontandosi con un’opera di ricostruzione sociale e morale che pesa come un macigno, in quei luoghi in cui l’atmosfera resta ancora surreale e la quiete si percepisce appena.

Ma alimentare la speranza è possibile. E’ quello che ha fatto l’agronomo Gian Battista Rigoni Stern con la Transumanza della Pace, il progetto di cooperazione che dall’altopiano di Asiago è giunto nelle campagne di Srebrenica per farle rivivere dal punto di vista economico e sociale, grazie all’insediamento di vacche di razza Rendena e alla formazione della popolazione locale. Un’opera di rinascita che lo stesso Rigoni Stern ha voluto raccontare nel libro “Ti ho sconfitto felce aquilina” (Comunica Edizioni • € 15,00) in cui narra in prima persona la sua esperienza nei luoghi della ex Jugoslavia. È il racconto della ricostruzione di un territorio e di una comunità, iniziata grazie all’incontro con la la regista Roberta Biagiarelli che da anni si occupa di quelle zone nella Bosnia-Erzegovina e le conosce bene: lo invita ad accompagnarla in uno dei suoi viaggi, nel 2009, e in quell'occasione Rigoni scopre una terra assolutamente simile al suo Altipiano di Asiago ma purtroppo ferma in un'altra epoca e bisognosa di tornare a vivere.

Da qui la decisione dell'autore di iniziare un lavoro paziente: laureato in Scienze Forestali, esperto conoscitore di tutti i pascoli e boschi dell'Altipiano di Asiago, e già autore di diverse pubblicazioni in tema di malghe alpine e caseificazione, mette a disposizione il proprio sapere per educare un mondo contadino, apparentemente disordinato alle buone pratiche di allevamento. “Per non dimenticare” è l'antefatto del testo che racconta i primi viaggi di Rigoni in queste zone, durante i quali individua la terribile felce aquilina, “un'infestante maledetta che si appropria alla svelta della cotica erbosa e per il bestiame, alla lunga, è pure velenosa”.

Il viaggio della rinascita passa per i memoriali della devastazione raccolti presso gli abitanti del posto; l'inchiesta preliminare sulle condizioni di pascoli e territorio; fino all'operazione di formazione dei contadini locali; al racconto degli usi e costumi bosniaci, che l'autore ha potuto conoscere nei suoi cinquantaquattro viaggi sul territorio, e all'arrivo di manze, semi, macchine e stalle che coincide con la ricostruzione di una nuova filiera lattiero-casearia in un intreccio di rapporti umani e di lavoro che, leggendo questa storia, sembrano non aver confini.

Nel libro, fortemente voluto da Paolo Massobrio, giornalista e presidente del Club Papillon che ha sostenuto il progetto, l'autore fa quindi emergere la certezza che “…dove sono stati seguiti i miei consigli, la felce aquilina è stata sconfitta”, ma porta anche ad acquisire una grande consapevolezza, e cioè che "esercitare la pace…richiede un lavoro costante".

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