"Sesamo 150": rigatoni con pesto di sesamo e gamberi passati al mortaio, la ricetta dello chef Yoshitaka Miyamoto

Nell’auditorium la tensione era alta e gli occhi di tutta la giuria erano inchiodati sul pestello nelle mani del cuoco che, nel mortaio piuttosto grande, dal fondo finemente zigrinato, portato direttamente dal Giappone, macinavano il sesamo bianco. Il loro movimento era regolare e costante. C’era qualcosa di diverso rispetto alle mani degli altri grandi chef arrivati da tutte le parti del mondo: i gesti di Miyamoto sembravano più naturali e lui appariva assolutamente sicuro di sé, tanto da creare persino un po’ di imbarazzo fra gli esperti di cucina italiana chiamati a giudicare. Ollie Lloyd, l’inglese, dimenticandosi del suo ruolo, si era alzato ed aveva cominciato a filmare.  

La 5° edizione del Barilla Pasta World Championship si è tenuta dal 9 all’11 giugno a Parma, presso l’Academia Barilla. Durante il concorso internazionale, organizzato da una delle aziende più rappresentative dell’industria alimentare Italiana, non si sono visti né i commenti aggressivi dei giudici né l’emotività forzata ed esagerata dei partecipanti a cui ci hanno abituati i cooking show televisivi. Anzi, domande e risposte fra i cuochi radunati a competere con la loro bravura e i giudici stimolavano la curiosità professionale ed hanno trasformato l’auditorium in un laboratorio di altissimo livello prima della sfida.  

All’ultimo giorno, nella finale per scegliere il campione fra i grandi chef, erano rimasti in quattro. Anche se non ha potuto stringere il trofeo in mano, fra i 4 cuochi finalisti quello che ha stupito di più è stato sicuramente Yoshitaka Miyamoto, con i suoi movimenti audaci ed eleganti. La sua ricetta di pasta, rigatoni con pesto di sesamo e gamberi passati al mortaio, l’ha battezzata “Sesamo150”.  

Sotto l’attenzione della giuria e di qualche centinaio di spettatori, gli scatti ininterrotti dei fotografi e le domande stimolanti ma deconcentranti della disinvolta conduttrice Tessa Gelisio, non c’era nulla che favorisse un’attenta preparazione. Miyamoto rispondeva tranquillamente, in italiano perfetto, anche con qualche battuta spiritosa, mentre procedeva nei suoi lavori in ordine preciso, tenendo a mente i tempi e per non farsi sfuggire il momento esatto per mettere la pasta in cottura. A Davide Oldani, presidente della giuria, che con le braccia incrociate fissava pensierosamente il suo mortaio, Miyamoto ha detto birichinamente: “L’ho comprato apposta per portarlo qui. Non l’ho mai usato prima. Lo posso lasciare per lei!”. Sapeva anche come rompere la tensione! Mentre parlava e scherzava, la sua schiena era dritta, le mani sempre attive e lo sguardo incollato al tavolo da lavoro. La ricetta pareva semplice: i gamberi bolliti erano stati sgusciati e pestati col mortaio, delle vongole aveva usato solo il brodo, macinava metodicamente il sesamo bianco e, finalmente, al momento culminante, aveva lasciato cadere i rigatoni romani dalle sue dita nell’acqua, abbondantemente preparata nella pentola.  

Con la pasta, basta una minima differenza di cottura per rovinare tutte quanto s’è preparato prima. Ai 4 cuochi rimasti in finale era stato dato per la realizzazione il tempo di 30 minuti, ancora 10 in meno della prima selezione, nonostante fosse pretesa una prestazione ancora migliore. Abbinamento di ingredienti di stagione, scelta di pasta e quantità, ordine di lavoro: tutto doveva essere funzionale ad esprimere il loro mondo in cucina in modo completo. Per di più, non solo erano richieste creatività e originalità, ma anche grande considerazione al mangiar sano. Ormai alla gente non basta più l’uso di ingredienti pregiati e costosi, per cui anche questo aspetto non secondario era stato compreso nel giudizio.   

Fra i 17 che hanno partecipato alla prima selezione della categoria Great Chef, Melissa Kelly, una cuoca arrivata dall’America, ha preparato un piatto di rigatoni ripieni di salsiccia di maiale allevato nella sua fattoria; Jacky Xue, cinese, ha lanciato la sua sfida utilizzando il calore arido del wok per fare un sugo piccante di pomodoro con un granchione per delle straordinarie fettuccine. Giovanni Pilu, un cuoco italiano di origine sarda che lavora in Australia, s’era portato dietro un pezzo felice di bottarga fatta da lui. Mark Delia dalla Spagna, uno dei finalisti, con i suoi cannelloni ripieni di ricotta ravvivati dal verde delle fave, è stato apprezzato per la composizione scultorea, ma allo stesso tempo severamente criticato per l’utilizzo del tartufo che guastava la stagionalità.
Miyamoto ha imparato la cucina qui in Italia per 7 anni, di cui il periodo più lungo trascorso a Moena, in Trentino. È stato anche a Mantova e poi in Piemonte prima di aprire, insieme al fratello, capo sala e sommelier, a Tokyo il suo ristorante italiano “Icaro” di cucina regionale, stella Michelin dal 2011 per 6 anni consecutivi. Avrebbe potuto presentare uno dei suoi collaudati successi regionali, eccellenza italiana garantita, invece ha pensato apposta il nuovo piatto per questo concorso.
Non solo perché in quest’anno ricorrono i 150 anni di relazioni diplomatiche fra Italia e Giappone, ma per festeggiare il suo debutto a un concorso in Italia, dove ha imparato la cucina, ci teneva proprio a legare la sua patria con quella d’adozione, attraverso l’utilizzo combinato di ingredienti comunemente usati nelle due cucine e che fossero anche salutari.
Sprigionava la fragranza del basilico dal tiepido pesto di sesamo, era simpatica ed inusuale la croccantezza dei gamberi ridotti in consistenza granulare dal mortaio, la proporzione della pasta era perfetta: tutto così facile da sembrare casuale, per non parlare della mise en place, degna di un fuoriclasse.
Uno della giuria tecnica, lo chef Daniele Caldarulo ha detto “Il piatto di Miyamoto, per primo, ci ha stupito e mi sono detto “wow”. Un grande piatto deve sempre dare prima una botta da far dire wow, ma poi deve darci una soddisfazione e lasciarci dire “buono”. Il suo “sesamo 150” è stato proprio così!
Il vincitore del 2016 Jure Tomic, dalla Slovenia, ha realizzato una montagna del suo paese coperta di neve col formaggio di capra polverizzato, zucchini e fusilli integrali. La motivazione del premio non è stata annunciata al pubblico, ma può darsi che sia stato apprezzato il gusto semplice inaspettato, vista la coreografia importante del piatto.  Anche dopo l’annuncio del vincitore il nostro chef Miyamoto aveva un’espressione serafica. Col tipico sorriso calmo da Giapponese, ha espresso i suoi auguri allo chef Tomic. Era comunque soddisfatto perché convinto che il suo “Sesamo 150” avesse legato i nostri due paesi in una sua maniera molto originale.

Dopo aver visto Paolo Barilla e Andrea Grignaffini, il critico enogastronomico, pulire dal piatto fino all’ultima goccia il pesto di sesamo con l’ultimo rigatone, di quale altra spiegazione avevamo bisogno!?

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