Gli allevatori non stanziali che praticano transumanza, nel segno dello Strachitunt

Ha inizio in questi giorni la monticazione, termine che indica il pascolo del bestiame in montagna. Per pastori e vacche della Val Taleggio è arrivato così il momento di intraprendere il cammino che li porta, a tappe poste a differenti altitudini, fino ai 1.800-1.900 metri degli alpeggi dei Piani d’Alben e dei Piani d’Artavaggio. Un rito annuale che i “Bergamini” o “Malghès" compiono da 600 anni, e che si è affermato come uno di quei fenomeni sociali che lasciano il segno nell’identità e nella cultura del territorio. Con le loro produzioni di montagna (Strachitunt, Stracchino all’antica) che si sono mantenute in ambito artigianale, infatti, i “Bergamini” sono portatori di un patrimonio di storicità che contribuisce al sistema complessivo della produzione casearia tipica, compresa quella di pianura, dando in tal modo un prezioso contributo alla trasformazione dell’agricoltura della Bassa Lombardia,  imprimendole l’indirizzo zootecnico che tutt’ora la caratterizza. Infatti, dopo la stagione degli alpeggi, dalle valli bergamasche i bergamini si dirigevano non solo nelle zone di pianura più vicine (la Gera d’Adda, l’alto Lodigiano, la pianura bresciana occidentale) ma anche nel basso Lodigiano, nel Pavese, nel Milanese (Melegnanese, Martesana, Abbiatense), nel Cremonese, nel Novarese. I bergamini si dirigevano sino nel Vercellese (nei primi secoli di transumanza anche nell’Alessandrino e in Emilia) percorrendo a volte distanze di oltre duecento chilometri che collocano la transumanza dei bergamini tra le transumanze a pieno titolo “di lungo raggio”, accanto alle più famose transumanze ovine.

A questo sistema virtuoso nel quale i “Bergamini” hanno svolto un ruolo sociale ed economico di primo piano si devono anche il riconoscimento di Bergamo quale “Capitale europea dei formaggi”, con le sue nove Dop, rispetto alle cinquanta esistenti su tutto il territorio nazionale, e le ulteriori trenta produzioni storiche che rendono straordinariamente articolato il paesaggio del gusto. Poi è intervenuta la dichiarazione di Bergamo quale “Città creativa Unesco per la gastronomia”. Infine la dichiarazione ufficiale, sempre targata Unesco, della transumanza quale patrimonio culturale immateriale dell’umanità. 
bergamini-antica.jpgIn un suo scritto pubblicato nel 1930 sulla Rivista di Bergamo, Luigi Volpi così descrive i bergamini: “Veramente figli delle nostre montagne sono questi uomini rudi e solitari che portano il nome della nostra terra quasi a significarne una caratteristica […] E quando «i bergamì» chiudono la loro giornata raccogliendosi nella baita a pregare Iddio che ha loro dato prosperità e salute essi devono sentirsi figli prediletti della terra nostra, che madre generosa dà loro il pane e l’esistenza serena e libera”.

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