Verticale di 10 annate di Chianti Classico Gran Selezione

Rocca delle Macìe è un mito nel panorama vitivinicolo italiano. E il motivo è presto detto: nasce nel 1973, quando Italo Zingarelli, il produttore cinematografico di “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola, e anche della fortunatissima serie di film con la coppia Bud Spencer e Terence Hill (tra cui “Lo Chiamavano Trinità” e “Continuavano a Chiamarlo Trinità”), decise di coronare il sogno della sua vita acquistando la tenuta “Le Macìe” – 93 ettari di cui solo due coltivati a vigneto – per dare vita a un’azienda vitivinicola nel cuore del Chianti Classico.
Nel 1985, Sergio inizia a lavorare con il padre e dal 1989, affiancato dalla moglie Daniela, assume la guida dell’azienda.
Oggi l’azienda dispone di circa 500 ettari, di cui oltre 200 coltivati a vigneto e circa 22 a oliveto, suddivisi tra le sei tenute di proprietà: Le Macìe, Sant’Alfonso, Riserva di Fizzano e le Tavolelle nella zona del Chianti Classico: Campomaccione e Casamaria in Maremma nella zona del Morellino di Scansano. Inoltre, si parla di sostenibilità con una serie di azioni: micro-zonazioni, sistemi di monitoraggio e di allarme fitosanitario attraverso l’installazione di centraline meteo, utilizzo solo di fertilizzanti organici e sovesci; diserbo meccanico senza l’uso di erbicidi; recupero delle acque pluviali e delle acque reflue; lotta all’erosione del suolo con l’utilizzo di muretti a secco, terrazzamenti e drenaggi.
tipo.jpgLo chef Maurizio BardottiOggi Rocca delle Macìe è anche esempio virtuoso di enoturismo, ed ha un ristorante di proprietà, il Passo dopo Passo, dove opera lo chef (bravissimo) Maurizio Bardotti. Inoltre le strutture ricettive dell’azienda, il Relais Riserva di Fizzano e il Torrione, ricavate dall’attento restauro degli antichi borghi medioevali curato da uno dei fratelli, l’architetto Fabio Zingarelli, offrono la possibilità di soggiornare nel cuore del Chianti Classico immersi in un panorama naturale unico e indimenticabiletre-persone.jpgDa sinistra, Alessandro Grassi, titolare dell'agenzia di comunicazione Grassi+Partners; Andrea Zingarelli e Sergio ZingarelliOra, come preview dei festeggiamenti dei 50 anni dell’azienda, ho avuto l’onore di partecipare a una degustazione esclusiva, a Milano, con pochi colleghi (erano più le colleghe) e niente meno che Sergio Zingarelli in persona (vedi foto d'apertura) col figlio Andrea che ci ha accolti con il Vermentino 2021 prodotto in Maremma, nato anche qui grazie al dialogo con uno degli enologi che più stimiamo, Lorenzo Landi. Andrea ci ha raccontato il percorso per arrivare a un vino bianco longevo, scartando lo chardonnay, il trebbiano toscano e il sangiovese vinificato in bianco.
vogna-aia-bruciata.jpgAndrea Zingarelli con la bottiglia di "L'Aja Bruciata"Ed eccolo nel bicchiere col suo colore oro e subito note felici di frutta agrumata che si evolve in frutta esotica. L’ingresso è morbido, graffiante, verticale, sapido. Come politica aziendale hanno scelto di uscire dopo due anni di affinamento. Le viti a Istria d’Ombrone dove hanno 70 ettari, di cui 5 a vermentino, sono abbastanza vecchie. Da qui il risultato di un vino immediato al quale abbiamo dato subito i cinque asterischi.
Italo Zingarelli che aveva questo richiamo alla vigna, nel 1973 puntò prima sul Piemonte per poi trovare in Toscana nel luglio di quell’anno, a Castellina in Chianti, questa località detta le Macìe (pietraie). Ristrutturato il borgo, nel ‘79 ebbe la prima bottiglia, creata secondo la filosofia che i vini dovevano regalare un piacere soprattutto a chi li produce.
bottiglie.jpgNegli anni ‘90, Sergio prende di punta l’iniziativa di rifare tutti i vigneti, individuando uno degli apprezzamenti più importanti, dove decide di produrre la Gran selezione, che è una menzione aggiuntiva al già blasonato Chianti Classico, quello col Gallo Nero, secondo la filosofia dei cru di veronelliana memoria. Oggi nel Chianti classico esistono almeno 200 Gran selezione, la cui maggioranza esprime la peculiarità di un vigneto.Detto questo, di fronte a noi, prima del pranzo sontuoso di Maurizio Bardotti, c’erano 10 annate di Gran selezione (dal 2010 al 2019), tutto allestito nell’Hub Gaggenau di corso Magenta 2 a Milano.
tavolo.jpgVia dunque con il Chianti classico Gran Selezione 2019, l’ultima annata, che sarà a disposizione solo a settembre 2023 (si tenga conto che alcune annate avevano sangiovese in purezza, mentre la norma è un blend di sangiovese al 90% e colorino per la parte restante). Ha colore trasparente e già note profonde di cuoio. In bocca è scontroso ancora, giustamente disarmonico, ma fantastico per le sue promesse: tannini ai nastri di partenza e sapidità espressiva. Per ora è un ****+

Il 2018 ha note più minerali e polverose. È equilibrato, ma poi ha un finale con una ficcante acidità che predomina. Finale asciutto e un poco più corto rispetto agli altri assaggi. ***+

Nel 2017, annata piuttosto difficile, emerge al naso il “ciliegione” franco. È molto elegante e anche fine. Intrigante nella sua speziatura selvatica. Finale asciutto, tannini incisivi. ****
chianti-gran selezione 2017.jpgIl 2016 è iconico, con un inchiostro che denota profondità e mineralità e poi una bella persistenza ed eleganza già al naso. In bocca scoppia la frutta generosa, i tannini sono equilibrati, il finale asciutto ci consegna un grandissimo Chianti classico ****+ +

Notevole anche il 2015, che è ben compiuto, solenne, con una speziatura croccante, che avverti in bocca, anche grazie ai tannini ben pronunciati ****+

Il 2014, altra annata difficile, ha riflessi aranciati, al naso è un po’ chiuso in se stesso, meno armonico, ma comunque interessante ***

Tutt’altra musica per il 2013, intenso al naso e poi in bocca presente con una bella freschezza. Un Chianti pieno, tannico al punto giusto, equilibrato. ****+ (+) che quasi fa il paio con il valore di quel bel 2016.

Sorpresa poi per il 2012, annata considerata difficile ma che poi esprime la sua anima speziata, piena; ha un gran bell’equilibrio con un finale amaricante ****+

Il 2011 è un Chianti iconico, dove avverti sia una certa mineralità, ma anche punte di acidità e tannicità che ancora si rincorrono ***++

Il 2010 è il Chianti che avresti sempre voluto, placido, ematico al naso ma poi fresco, tannico, metallico, di pregevole equilibrio e stoffa. E qui ecco che arrivano i 5 asterischi della perfezione, a cui certamente può ambire anche il 2019. *****

Detto questo, abbiamo registrato quindi 6 annate grandi su 10. Per il riepilogo: 2010, 2012, 2013, 2015 e 2016 e 2019.

Per la vostra delizia (per me lo è stata) ecco il menu geniale dello chef che ancora mi sogno:  - cavolfiore, nocciola, pompelmo
cavolfiore.jpg- faraona, nage al rafano, salsa xo, mela verde
faraona.jpg- cappelletti, colombaccio, consommé ai funghi, il suo “speck”
cappelletti.jpg- capriolo, pain perdu, salsa al profumo di pan pepato, zucca
capriolo.jpg- semifreddo al blu, gianduia, tartufo
semifreddo.jpgAbbinamento: diciamo che il vino non è mancato!

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