A Mazzè, nel Canavese, per gustare finanziera e tufeja

Visitare e percorrere con occhio attento il Canavese può rappresentare una piacevole sorpresa turistica e non più solo una meta di indagini socioeconomiche volte a spiegare sia lo sviluppo di un modello industriale dal volto umano (vedi ex Olivetti) sia l’evolversi di una piccola-media industria metalmeccanica, figlia della grande madre del capoluogo. Il Canavese nella sua delimitazione geografica più ampia dal nord di Torino si estende fino alla Valle d’Aosta, confina a nord-est con le provincie di Biella e Vercelli e offre un piacevole alternarsi di città più o meno grandi di storia millenaria con un susseguirsi di castelli, manieri, palazzi nobiliari tutti da scoprire e, per arrivare all'argomento che più ci appasiona, è terra ricca di eccellenze enogastronomiche. Basta ricordare gli ottimi salumi con il salame di turgia e il salam patata in testa, gli eccellenti formaggi della Valchiusella e di Ceresole e delle valli attigue, gli ortaggi tipici (conoscete le ajucche che danno il nome a una grandiosa zuppa?).
Per non parlar di vini: Erbaluce di Caluso e Carema parlano da soli e declamano l’eccellenza di quel territorio.

Rielaborando nella mia mente tutte queste premesse e conscio di andare alla riscoperta di una ristorazione in grande evoluzione (tre nomi soprattutto: Trattoria dell’Orco a Rivarolo, il Simposio a Banchette d’Ivrea e Berta a Pertusio) una sera, dopo aver lottato non poco con il navigatore per arrivare alla meta e dopo aver parcheggiato vicino alla chiesa parrochiale nella parte alta del paese non lontano dal Castello, vanto della città di Mazzè (To), io mia moglie e i miei due fidati compagni di merende abbiamo varcato la porta d’ingresso del ristorante Santa Marta (Via delle Scuole 2 - tel. 0119835616/3482636372) o meglio ci siamo introdotti nella parte inferiore dell'ex chiesa Santa Marta sconsacrata e riattata a ristorante. Dell’antica chiesa poco è rimasto, ma il design moderno e i quadri modernisti alle pareti assieme ad alcuni muri nudi creano una piacevole sensazione di meditazione e serenità.

Ci ha accolto con cordialità, semplicità e garbo Ilaria che sapremo essere non solo la sommelier e padrona di casa ma anche la figlia della cuoca, Marinella. Scorrendo la carta abbiamo apprezzato un bel menu degustazione, tradizione rivisitata, a 30 euro, ma abbiamo optato per la carta dopo aver consultato la lista dei vini. Ci ha colpito la buona scelta di etichette anche d’Oltralpe, di vini italiani soprattutto piemontesi, anche ci saremmo aspettati una maggior presenza di vini canavesani. Un invito a migliorare. Oltre ai prezzi corretti e contenuti la segnalazione in carta del doppio prezzo del vino sia per la consumazione al tavolo sia in caso di asporto.
Ottima l’ampia scelta di bottiglie da 0,375 lt. Abbiamo anche chiesto se c'era la possibilità di bere al bicchiere e Ilaria ci ha risposto che, se anche non scritto sulla carta, era disponibile ad aprire e servire al bicchiere qualsiasi vino desiderassimo. Ci è parsa risposta sapiente, ma la nostra decisione è stata quella di degustare un magnifico Gattinara Travaglini 2011 riserva Tre Vigne a 42 euro.

La lettura del menu ci ha riempito di piacevoli aspettative e allora ci siamo lanciati a ordinare cocotte di cardi gobbi con fonduta di toma della Valchiusella e uovo colante; tre modi di dire vitello: battuta con robiola e nocciole, salsiccia di Bra, tonnato con salsa alla vecchia maniera; cipolla caramellata in sfoglia con caldo e freddo di parmigiano nonché lumache alla vignaiola con crema di patate e crostino all’aglio con prezzi da 10 a 15 euro per il vitello.

Ha preceduto l’antipasto una piacevole entratina a base di polpette di zucca. Al palato tutti buoni gli antipasti che ricordavano la tradizione interpretata in veste moderna e originale. Solo le lumache sono risultate un pochino tenaci. La cipolla degna di nota.

Come primi piatti abbiamo degustato gli agnolotti del plin ai tre arrosti e le lasagnette croccanti con carciofi e toma e il tocco della cucina ha confermato l’impressione di grande attenzione alle materie prime e una mano ferma e sapiente ai fornelli.

Tra i secondi ci siamo addentrati con grande coraggio e curiosità e abbiamo voluto provare due classici piemontesi e canavesani: la finanziera e la tufeja (su ordinazione zuppa di fagioli, cotiche e piedini di maiale) ma altri piatti avrebbero meritato la prova come il rotolo di faraona, il calamaro ripieno e il bollito! Dovremmo tornare... Il risultato dei due classici, a nostro avviso, è stato eccellente, la mamma chef ci ha conquistato.

E il finale, dopo aver rinunciato a un semifreddo di gorgonzola che ancor oggi grida vendetta, se lo è conquistato uno zabaione al Marsala a regola d’arte.

Brava la cuoca e brava Ilaria che ci ha accudito con discrezione e amorevolezza. Che conclusioni trarre dall’esperienza al Santa Marta? Il luogo, il servizio, la cura delle materie prime, la sapienza e la qualità in cucina nel trattare piatti tipici della tradizione in modo da darle il giusto sapore reinterpretandoli in modo moderno ma senza nulla togliere alla loro tipicità mi convincono che questo è un locale da aggiungere alla lista, sempre più ricca, di ristoranti canavesani di livello.
Il prezzo di un pranzo completo infine si aggira tra i 40-45 euro con piena soddisfazione dei commensali.

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