Viaggio intorno a Buenos Aires, per scoprire vini, spritz e piatti di ispirazione italiana

I numeri ma anche la gola parlano chiaro. In Argentina gli italiani, cioè i titolari di un passaporto tricolore, sono circa un milione e 300 mila, di cui poco più di 400 mila risiedono nella grande Buenos Aires. Nel 2024, solo nella capitale sono stati registrati circa 16 mila nuovi riconoscimenti di cittadinanza italiana. Questi dati confermano che l’Argentina è il paese al mondo con il maggior numero di cittadini italiani residenti. Inoltre, si stima che circa 25 milioni di argentini siano di origine italiana, il che rappresenta quasi la metà della popolazione nazionale. Nella maggioranza si tratta di italo-argentini di terza o quarta generazione, visto che i maggiori flussi di migrazione risalgono agli anni successivi alla Prima guerra mondiale. Quello che rimane saldo è però il rapporto con il cibo italiano.
coca-fernet.jpgUn’Italianità che si avverte e si declina in vari modi a cominciare dalla fortuna “storica” di alcuni prodotti, che gli stessi argentini stentano a credere non siano nati alle latitudini della Pampa. Prodotti che abbiamo incontrato e provato per il Golosario in un viaggio che, purtroppo, ha toccato solo la capitale e la parte meridionale di un Paese, vale la pena ricordarlo, esteso nove volte l’Italia e lungo oltre 3.660 chilometri dalle foreste delle cascate di Iguazù a Usuhaia, la città del Fin del Mundo.
L’esempio più celebre di questa Italianità è la diffusione del Fernet Branca, che in Argentina si beve come aperitivo, spesso allungato con la Coca Cola.
Risale addirittura al 1941 l’apertura di uno stabilimento della Fratelli Branca nella provincia di Buenos Aires, unica distilleria del gruppo nel mondo oltre a quella di Milano.
fernetecola.jpgE restando nel settore degli aperitivi un altro brand italiano amato e conosciuto dagli argentini è Cinzano che esporta in Argentina da oltre 150 anni con una presenza unica anche dal punto di vista pubblicitario. Sono tantissimi i bar e le caffetterie argentine, specie quelle storiche, che espongono insegne e manifesti della Cinzano, soprattutto quelli risalenti al periodo Liberty, che in Argentina coincide con lo spirito Art Nouveau.
Per anni il Cinzano soda, la bottiglietta simile al Campari soda, prodotto quasi scomparso in Italia, veniva esportato solo in Argentina.
manifesto-cinzano.jpgAnche il marchio Gancia, che in Argentina si pronuncia con una c più dolce e che non è collegato allo storico brand di Canelli, è sinonimo di aperitivo. Realizzato dal 1850 con una miscela segreta di vino, erbe ed alcol, il Gancia serve come prologo non solo per i pranzi importanti ma è anche diventato la base per diversi cocktail.

E ovviamente anche il vino argentino ha forti radici italiane. Terzo o quarto Paese produttore al mondo secondo le annate, l’Argentina è celebre per i suoi vini d’altura, visto che quasi tutte le vigne si trovano oltre i 1.500 metri di quota. Non tutti sanno però che il secondo vitigno coltivato in Argentina dopo il malbec è la bonarda e questo grazie agli immigrati piemontesi. Anche tra i bianchi il secondo vitigno ha a che fare con l’Italia e l’Europa ed è il moscato.
I migliori vini rossi argentini nascono a Mendoza, il cuore della viticoltura in Argentina: con i suoi 144 mila ettari distesi su 5 distretti, rappresenta la regione più importante nonché la più estesa. E proprio a Mendoza si trovano le case vitivinicole che, a cominciare dai cognomi, hanno più rapporti con l’Italia come la Humberto Canale, celebre per i suoi Malbec, o Bodegas Bianchi.
asado-argentino-a-la-cruz-in-cottura copia.jpgParlando invece di cibo i rapporti con l’Italia ci sono e restano stretti anche se l’Argentina ha elaborato una sua filosofia culinaria che parte dell’asado, la famosa grigliata mista di carne alla brace con i suoi diversi metodi di cottura: a la cruz (i grandi tagli di manzo e agnello vengono appesi a delle croci realizzate sul posto e conficcate nel terreno vicino al fuoco), al palo (una specie di spiedo orizzontale più diffuso in Patagonia) o a la parrilla (il classico barbecue).
asado2.jpgDirettamente dall’Italia verrebbe comunque la consuetudine di inserire nell’asado la morcilla, un insaccato a base di sangue di maiale che non è altro che il nostro sanguinaccio.

Altra influenza italiana ispirata ai nostri ravioli sono i "sorrentinos", pasta ripiena di notevoli dimensioni con svariate farciture dalla zucca, al prosciutto cotto e formaggio o al salmone.
Da segnalare anche che, tra i piatti proposti da molti ristoranti, c’è la provoleta, cioè un formaggio a pasta semidura servito caldo in terrine. Abbiamo intenzionalmente lasciato da parte quelli che definiamo i cibi e le bevande globalizzate e cioè pizza, spaghetti e spritz.

Anche l’Argentina è piena di pizzerie e di osterie dalla dicitura italiana che propongono pasta e pizze classiche o di fantasia con la particolarità che la mozzarella è diventata muzzarella. Uguale discorso per lo spritz nelle sue varie versioni, ormai un beverone che ha poco a che fare con la tradizione veneta.

Una piccola consolazione finale: in una nazione attanagliata da una crisi economica senza fine, l’Italia resta un paese di tendenza, di moda. I giovani, e questo ce l’hanno raccontato, dicono andiamo a berci una birra non una cerveza, segno che l’Italiano piace di più dello spagnolo dei conquistadores.

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