Dai tre giovani fratelli Girelli, titolari della cantina Montonale di Desenzano, vini bianchi di classe, che fanno onore a un territorio dal grande potenziale

Turbo? No, Turbiana, il segreto dei vini di Montonale. Fatto sta che le interpretazioni del Lugana di questa cantina hanno una marcia in più. Bella la storia dei fratelli Girelli, che, dopo avere deciso di lavorare insieme nell’azienda di famiglia, lo hanno fatto prendendo in parola Camillo Pellizzari, agronomo e arguto commentatore delle tradizioni bresciane, che, nel 1942, in un suo libello dedicato alla zona del Lugana, oltre a magnificare la bellezza del territorio che si estende sotto la penisola di Sirmione, profetico, sosteneva che “sarebbe assurdo addormentarsi sui risultati ottenuti e rinunciare alle più brillanti prospettive dell’avvenire”.

Ottant’anni dopo, i tre giovani di Desenzano, sembrano avere fatto di quelle parole la ragione del loro impegno. Avventura iniziata ai primi del Novecento, con il bisnonno Francesco, e proseguita, prima, con nonno Aldo e suo fratello Luigi, e poi con papà Luciano, sembrava conclusa con la scomparsa di nonno Aldo, quando i vigneti furono quasi completamente espiantati. Ma con la nuova generazione inizia la riscossa. I tre giovani che oggi sono “Montonale”, per realizzare il loro sogno, ossia rilanciare la tradizione enologica di famiglia, si sono divisi in modo perfetto i compiti.
Roberto, cresciuto respirando i profumi della cantina – tanto che il padre, in modo scherzoso, lo chiamava il “capo cantiniere” – e che ha passato le estati in vigna, è laureato in enologia presso la Facoltà di viticoltura ed enologia di Verona, ed è l’enologo.
Valentino, il più giovane, laureato in viticoltura ed enologia a Milano, segue invece la parte agronomica.
Claudio, laureato in economia, segue la parte amministrativa e i mercati stranieri.

La loro cantina l'hanno costruita con pareti in paglia di riso, materiale traspirante che garantisce un microclima salubre. Sulla copertura dell’edificio è installato un impianto fotovoltaico da 96kW, che assicura la completa autonomia energetica della struttura, riducendo drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Intorno alla cantina i 25 ettari di vigneto, che vivono su un terreno argilloso, ricco di scheletro e calcare, che conferisce eleganza e mineralità, e godono di un microclima privilegiato, con i venti del lago, l’Ora e il Pelèr (il primo arriva da Sud e soffia dal mezzogiorno al pomeriggio inoltrato, il secondo scende dalle montagne e increspa le acque dal tramonto al mezzodì del giorno dopo) che favoriscono una drastica escursione termica che assicura l’aromaticità delle uve e ne tutela lo stato sanitario.

I Girelli hanno scelto di seguire i dettami dell’agricoltura integrata, e a Montonale si fertilizza con sostanze naturali e si pratica l’inerbimento sull’interfila, e all’invaio sono effettuate sfogliature e diradamenti severi, fino al 50 per cento nelle annate difficili. La loro sfida più appassionante, tuttavia, non cedere alla logica secondo cui tutti i vini bianchi, senza distinzione, e quindi anche il Lugana, andrebbero consumati subito, giovani, ma dimostrare che in alcuni casi, per certe varietà, e nel loro caso, per le uve Turbiana, il tempo possa dare diverse emozioni, e con gli anni addirittura regalare esperienze uniche, indimenticabili.

Sfida vinta, diciamo, dopo aver avuto la fortuna di assaggiare loro vini di annate come il 2011 o il 2013, in comparazione a millesimi recenti come il 2016 e 2017, gli ultimi nati. I vini di punta sono due. Il Lugana Montunal, che si segnala per mineralità e freschezza, e che nel trascorrere degli anni, acquisisce complessità ed eleganza, con note di pietra focaia e idrocarburi che ricordano i bianchi di razza del Nord Europa, rivelando quanto inesplorato sia ancora il mondo dell'invecchiamento di questa denominazione. E il Lugana Orestilla, autentico cru, premiato, per l'annata 2015, tra i migliori bianchi del mondo dalla prestigiosa rivista di settore britannica Decanter, e che a noi ha entusiasmato  in tutti i millesimi degustati, ma soprattutto nella versione 2014, annata infelice, ma dove la serietà di lavoro dei Girelli (a partire da diradamenti severi, fino al 50 per cento nelle annate difficili, di cui dicevamo) ha dato frutti meritati, ottenendo un bianco di classe inarrivabile. Nel bicchiere, è vino dal colore paglierino intenso con riflessi oro, profumi di pesca gialla, frutta esotica, spezie dolci, sorso dall'intrigante equilibrio fresco - sapido, con note di ananas e timo, finale lungo e complesso. Una finezza che ci ha fatto ricordare l’eleganza di un foulard di Hermès!

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