In Maremma l’incontro con Lucio Stefani che produce coltelli a mano per gli chef di tutto il mondo

È stata Antonella Manuli, vignaiola in Saturnia, a portarmi a casa (bottega e casa) di questo artigiano felice, Lucio Stefani, che produce coltelli: da cucina, da caccia o da collezione. Personalizzati nella lama e nel manico, queste opere d'arte prendono vita dalle sue mani, come aveva imparato a fare dal padre. Conoscere Lucio tuttavia è molto di più che apprezzare la sua arte: è un'esperienza sensoriale. Intanto entri in una casa come tante, con il cortile, proprio all’inizio del centro storico di questo paese cartolina.
lucio-stefani-ingresso.jpgIl suo laboratorio è quanto di più vissuto e dalle pareti pendono corni pregiati di vari animali, coi quali farà i manici.
lucio-stefani-alci.jpgSenti il calore del fuoco, vedi il rosso dei carboni e delle scintille, annusi l'odore del metallo, ascolti la musica jazz che si diffonde. E non capisci se sei in una fabbrica, in un jazz club, in una bottega d'artista. Lucio è padrone della situazione e padrone del ferro. Lo piega senza spezzarlo, lui che è tutto d'un pezzo davvero. Conosce l'arte del lavorare i metalli perché di arte è permeata la sua vita: l'ha appresa dal nonno e dal bisnonno, facendo sua l’idea che “l'arte non è una posa” come canta Niccolò Fabi, ma è fatica, impegno, lavoro: è sporcarsi le mani, è sudore, è dignità. È un disco di John Coltrane in sottofondo, che disperde nell'aria le note che danzano con le scintille del ferro appena domato, braccato dalla pinza e colpito dal martello, i due aiutanti più fedeli.
lucio-stefani-al-lavoro.jpgLucio Stefani vive da sempre qui, in questo borgo medievale della Maremma in provincia di Grosseto, uno di quei posti in cui solo le vetrine luminose testimoniano lo scorrere del tempo. Dice di non aver mai visto il mondo ma di aver lasciato il piacere di viaggiare alle sue opere d'arte: i coltelli, veri e propri strumenti. Lucio forgia le lame, le sposa con manici in corno di cervo, di alce, denti di cinghiale. Inizia la mattina alle 10 facendo scaldare braci fino alla temperatura che gli permetterà di addomesticare il ferro, di farlo andare dove vuole lui. Arte e chimica che si incontrano, perché i cicli di riscaldamento e di immersione nell'olio riducono il contenuto di carbonio presente nel ferro, lo rendono più duro, più elastico e meno fragile come in una ciclica metafora della vita, che modella ognuno di noi attraverso le prove e le difficoltà incontrate durante il cammino.
lucio-stefani-coltello.jpgPoi Lucio disegna a mano libera nel ferro la forma della lama, la scopre in realtà; ricalca il profilo del gioiello già presente nel pezzo di ferro grezzo, la slega dal superfluo, come già teorizzava Michelangelo. È un lavoro di liberazione, un riscatto pagato in sudore per portare alla luce delle opere d'arte, strumenti che permetteranno ad altri artisti di realizzare altri capolavori. Come un liutaio col musicista. Come Hattori Hanzo, il fabbro-samurai giapponese che realizzò la katana per la sposa in Kill Bill, il celebre film di Quentin Tarantino. Proprio lui, che una volta venne chiamato “maestro” con tanto di inchino da un gruppo di ospiti nipponici in visita, o forse sarebbe meglio dire in pellegrinaggio, nella sua bottega. Tra i suoi clienti i fratelli Alajmo di Padova, Massimo Bottura per la sua leggendaria “Osteria Francescana” di Modena e altri grandi chef che lavorano a Tokyo, Singapore, Parigi, San Pietroburgo, New York ma anche a Montemerano, nella piccola trattoria del suo amico Tiziano. Per ognuno c’è una lama e un manico personalizzato che va a migliorare il lavoro in cucina e magari anche quello degli ospiti a tavola, che più di un lavoro stanno vivendo un piacere che diventa anche tattile.
coltelli.jpgAnche Andrea Bocelli, ha sentito la lama con le sue mani e al tatto ha percepito la straordinarietà del prodotto. Perché avere a che fare con i coltelli di Lucio coinvolge tutti i sensi, come quella volta in cui un erede degli Swarovski passò invano ogni micron delle lame di Lucio con la lente di ingrandimento alla ricerca anche un singolo, piccolissimo, trascurabile difetto. Coltelli d'arte ma anche il recinto del vicino da riparare, perché non dimentica le sue origini nemmeno dopo 40 anni di costante apprendistato, iniziato all'età di 13 anni, nella bottega del nonno, a imparare come piegare ciò che per natura non si piega facilmente. “Artista e artigiano” come ama definirsi, coi piedi per terra: ha rifiutato collaborazioni con grandi aziende o di aprire il suo showroom in una metropoli, perché la qualità dei suoi prodotti non può essere replicata in serie; ogni lama ha una storia, ogni accoppiamento col manico è un incontro unico che non deve essere reso banale. 
coltelli-fodero.jpg“Il futuro è qualcosa che ti costruisci” ripete sempre Lucio e lui lo affronta col sorriso sulle labbra di chi sa far fronte alle difficoltà, con l'abilità d'artista che lo contraddistingue, con la forza di chi sa lavorare il ferro, di chi sa farlo cantare e pure suonare, letteralmente, come fa con la sua band jazz in cui suona il sassofono e l'armonica a bocca. Perché è sempre una questione di strumenti e di arte, di talento e lavoro.

Dopo la chiacchierata diventa irresistibile, da parte di mia moglie, chiedere di acquistare uno strumento da cucina e Lucio sorride, divertito, perché quella scena l’avrà vista chissà quante volte. Con pazienza si mette al suo tavolo e incide il nome di colei che lo utilizzerà, quasi che ogni lama sia qualcosa da cui inizia un rapporto di stima e di amicizia.
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