In un documento del 1277 si trova la prima citazione riguardante il Castelmagno, al tempo utilizzato come oggetto di pagamento per una disputa riguardante l’usufrutto di alcuni pascoli. Anche l’Ottocento vede il Castelmagno protagonista, presente nelle tavole di tutta Italia e in quelle parigine e londinesi. Questo formaggio a pasta semidura e friabile ha colore bianco-perlaceo attraversato, nelle forme più stagionate, da particolari venature di colore blu mentre la crosta è giallo rossastra. Nel processo di lavorazione, il latte viene fatto scaldare e, dopo aver rotto la cagliata, viene raccolto in un telo chiamato 'risola' e pressato. La cagliata viene quindi immersa nel siero delle lavorazioni precedenti, tritata con aggiunta di sale e posta in fascere di legno (tavole sottili curvate a cilindro) per un’ulteriore pressatura. Ultima fase è la stagionatura, che avviene in grotte naturali o in cantine con un clima fresco e umido.
Tra le realtà più rappresentative segnaliamo a Montegrosso Grana Davide Fiandino della Società Agricola La Bruna, che prosegue la tradizione avviata dal nonno Magno, malgaro dalla fine del XIX secolo, producendo Castelmagno Dop direttamente dal latte delle sue vacche Brune.
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Tra le realtà più rappresentative segnaliamo a Montegrosso Grana Davide Fiandino della Società Agricola La Bruna, che prosegue la tradizione avviata dal nonno Magno, malgaro dalla fine del XIX secolo, producendo Castelmagno Dop direttamente dal latte delle sue vacche Brune.
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