Ci sarebbe da togliersi il cappello o, per meglio dire, il cappelletto di fronte al raviggiolo, designato da Artusi come ripieno prediletto della tipica pasta romagnola. Il motivo va cercato nella sua storia che affonda le radici nella tradizione contadina dell’Appennino Tosco-Emiliano. Le famiglie allora lo preparavano col poco latte che la riuscivano a mungere dalle mucche. Oggi è preparato solo in alcuni Comuni del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi monte Falterona e Campigna, partendo dalla massa di latte coagulato e, senza rompere la cagliata, scolando e salando solo in superficie, in modo da ottenere così in poche ore un formaggio di colore bianco latte, senza crosta, che va consumato fresco come una ricotta. A Santa Sofia incontriamo Roberto Boscherini che, assieme alla moglie Denise, gestisce la Fattoria Trapoggio, attiva dal 1914. Immersa nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ha riscoperto la tradizione del Raviggiolo, che produce insieme ad altri formaggi freschi e stagionati nella sua fattoria che ha un punto vendita, Il Golosone, a Santa Sofia (in Via Gentili 3a).