Le degustazioni di Paolo Massobrio, in compagnia di Stefano Tucci, Fabio Molinari e Alessandro Ricci per IlGolosario 2021

Le nostre sessioni di degustazione proseguono a ritmo serrato di 30 campioni a ogni assaggio e sono 2/3 a settimana, mentre Marco Gatti prosegue a Milano. Da queste sessioni emergono i vini che entreranno nella sezione cantine del Golosario 2021, ma anche i vini che saranno sottoposti alle degustazioni plenarie dei Top Hundred, i 100 migliori vini d’Italia, che verranno proclamati il 15 settembre prossimo. In questa sezione c’è molta Toscana e qualche chicca qua è là.

Casanuova di Nittardi Chianti Classico Vigna Doghessa 2018 di NITTARDI - Castellina in Chianti (SI)
Tenuta Nittardi è emblema storico e culturale del Chianti Classico: quasi nascosta nell'abbraccio delle dolci colline che separano Siena da Firenze, la sua storia è un filo rosso che unisce il vino all'arte, la cultura alla politica. Fu infatti – nel XVI secolo – proprietà di Michelangelo Buonarroti il quale, durante il periodo di lavori nella Cappella Sistina, si fece spedire delle bottiglie di vino prodotte presso la Tenuta Nittardi così da poterle offrire a Papa Giulio II. Un gesto “genuino”, ma anche ricco di un forte simbolismo che addirittura si è potuto ripetere con Papa Benedetto e Papa Francesco. Eredità pesante quella della famiglia Femfert che dal 1982 conduce la proprietà Nittardi – con Peter e la moglie Stefania Canali – oggi aiutati dal figlio Leon. Il team della tenuta comprende anche l'enologo Carlo Ferrini, non un nome qualunque insomma, ma uno dei più stimati, almeno dal sottoscritto.
Nel 1999 la fattoria si è estesa anche in Maremma e nelle batterie di degustazione il primo incontro è infatti con il loro Vermentino Maremma Toscana biologico che fa “BEN” di nome, abbreviazione di “Beniamino” che per tradizione è il nome che viene assegnato al figlio più giovane e atteso della famiglia. Descrizione che si adatta al bicchiere, dove il sorso è equilibrato e il naso croccante, agrumato, immediato e piacevole. Acidità pregnante, freschissimo. Sta 12 mesi in barrique e tonneaux, poi cemento e infine riposo in bottiglia. Questo il processo che vede la nascita del Maremma Toscana rosso “Ad Astra” che racconta di frutta rossa molto matura (prugna) e di liquirizia. Un naso che anticipa il “Nectar Dei” (etichetta citata addirittura in un documento datato 1183), sicuramente più complesso dove si aggiunge l'incenso e il pepe nero a questa vendemmia 2016. Le note terziarie del passaggio in legno sono evidenti, forse in bocca è leggermente nervoso con un'acidità non inquadratissima. Primo tuffo nel Chianti Classico con “Belcanto” 2018, sangiovese sicuramente immediato che è un'esplosione di piccoli frutti di bosco e accenni erbacei. Convincono i tannini che donano sostanza alla bocca.
Il miglior tappo, a parer nostro, è quello del Casanuova di Nittardi Chianti Classico Vigna Doghessa, del medesimo millesimo. Note affumicate dominano al naso, la ciliegia è evidente ma a sorprendere è la persistenza gusto-olfattiva. Forse ancora giovane, la promessa è quella di uno vino che convincerà.

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nittardi.jpgVigna Il Corno Chianti Classico Gran Selezione 2015 di CASTELLO DI RADDA - Radda in Chianti (Si)
La famiglia Gussalli-Beretta, che nel mondo del vino già conosciamo con i Franciacorta dell'azienda Lo Sparviere di Monticelli Brusati (Bs), dal 2003 è attiva nei territori senesi dopo l'acquisto di circa 45 ettari vitati e il progetto della nuova cantina. Castello di Radda è un'azienda a basso impatto ambientale ed energetico e sangiovese e canaiolo sono naturalmente i due vitigni più vocati in questi territori. La famiglia Beretta, come sappiamo, arriva da altri settori di business, eppure il contributo che sta portando al mondo vitivinicolo non è da sottovalutare (ricordiamo anche l'azienda Orlandi Contucci Ponno situata sulle Colline Teramane abruzzesi e la realtà di Fortemasso a Barolo).
Iniziamo la degustazione con un rosato ottenuto da un singolo vigneto di sangiovese: la vendemmia 2019 è rosa cerasuolo, molto sottile e fine il naso che è floreale e fruttato di rosa e fragola su uno sfondo sapido. Il Toscana Rosso “Guss” è un merlot 2015, dove emergono note verdi ed erbacee, quasi di sottobosco. Poi senti la frutta rossa che ritrovi anche in bocca, dove percepisci un'acidità quasi stridente. Convince la spalla alcolica di 14,5% che è perfettamente integrata. Forse, vista l'annata, ci aspettavamo una spinta in più al naso.
Fine ed elegante è il Chianti Classico 2017, bouquet di ciliegia sotto spirito ed erbette aromatiche, ancora leggermente squilibrato al palato.
Nota di merito invece per la Gran Selezione “Vigna Il Corno”, vestito di un rosso rubino brillante con una silhouette delicata ed avvolgente dove troviamo spezie dolci come la vaniglia e una nota quasi mentolata. Vino completo che supera a pieni voti l'esame gusto-olfattivo. Una bottiglia importante, merita momenti di riflessione ed ascolto.

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castello-radda.jpgChianti Rufina Riserva 2016 di PODERE IL POZZO - Pontassieve (FI)
Non è raro ritrovare in Toscana antichi documenti che testimoniano la presenza di comunità ecclesiastiche dedite alla viticoltura nei piccoli borghi situati nei territori del Chianti (il binomio vigna-Chiesa d'altronde è sempre stato molto forte nella storia del Mediterraneo). Ne è un esempio lampante Podere Il Pozzo che fu proprietà di un gruppo di frati Gesuiti, i quali – agli inizi del 1700 – decisero di cedere la tenuta. Fu nel 1998 che la famiglia Bellini decise di investire sul territorio dando nuovo impulso alla produzione di vini nel Chianti Rufina: la direzione oggi è affidata a Gianfranco Caselli, commercialista vinto (anche lui, inevitabilmente) dall'amore per la viticoltura.
Parliamo di circa 50 ettari tra bosco, ulivi e vigneti. Quest'ultimi (circa 10) sono posizionati ad un'altezza media di 300 m slm, posizionati nei confini del Chianti Rufina.
Etichetta evocativa quella del Rosso di Toscana 2016 “Canta Lupo” che è selvaggio nei profumi (frutti di bosco e spezie dolci) mancando forse di eleganza; il sorso però è pieno, sapido.
Vira invece su note di humus e sottobosco il Chianti Rufina vendemmia 2017 che riposa un anno in grandi botti di rovere francese. Rosso quasi violaceo, ha un finale piacevolmente fruttato, molto beverino.
Di un'altra caratura è invece la versione Riserva millesimo 2016: splendido bicchiere che è invitante già dal colore, di una veste rubino brillante. La partita si gioca su un campo di erbette aromatiche, dove si alternano i piccoli frutti rossi e le note eteree (senti addirittura un ricordo di cera). La speziatura è evidente e i profumi sono eleganti; in bocca è morbido, davvero convincente.

Sito Web: www.podereilpozzo.it
il-pozzo.jpg1427 Chianti Classico 2018 di PANZANELLO - Greve in Chianti (FI)
Una storia di legami famigliari, di nipoti accolti nella casa di campagna dei nonni, di contadini, di duro lavoro nei campi, di sacrifici e infine di “rinascita”. E' il racconto che vede protagonista Andrea Sommaruga che nel piccolo paesino di Panzano in Chianti è maturato come uomo prima e come vignaiolo poi. Nonna Anna acquista la proprietà nel 1964 tentando di trasmettere l'amore (e i valori) per la terra ai propri figli e nipoti; una “freccia” che fa centro nel cuore di Andrea il quale – anno 1993 – abbandona la carriera da commercialista per iniziare l'avventura enoica. Una “rinascita” che vede protagonista anche la moglie Ioletta, ex architetto che oggi si occupa di pubbliche relazioni e segue sapientemente le vicissitudini del loro agriturismo. Pazienza e rispetto sono i due binari su cui viaggia la filosofia lavorativa di Panzanello che da ben 22 anni è a regime biologico. Allerta spoiler: le tre etichette inviate per la degustazione sono da segnare sul vostro taccuino!
“Manuzio” è il primo interrogato e la bevuta è decisa, strutturata. Al naso arriva un sentore deciso di peperone (giallo), davvero molto particolare. Poi erbe aromatiche su uno sfondo fruttato.
Procediamo con il Chianti Classico “1427” annata 2018, il primo della classe: finezza ed eleganza dove a dominare è il sottobosco. Humus e sentori vegetali, poi liquirizia e profumi eterei. Chiude su un frutto che ricorda l'arancia. Lascia la bocca perfettamente pulita e fresca, invitando ad un altro bicchiere.
La versione Riserva, infine, ha sfumature più animalesche dove il legno è evidente. E' sicuramente un buon Chianti ma la vendemmia 2016, per ora, non riesce ad esprimersi ancora al massimo.

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panzanello.jpgBrunello di Montalcino 2015 di MATE' - Montalcino (SI)
La tenuta Matè è un'azienda a conduzione familiare ed è situata nella località di Santa Restituta, nel cuore della macchia mediterranea. I circa 7 ettari di vigneti sono stati sapientemente “disegnati” da Fabrizio Moltard (ai tempi agronomo-enologo di Angelo Gaja) e le uve selezionate sono varietà come sangiovese, merlot, cabernet sauvignon e syrah.
Di origini ungheresi, Farenc Matè è prima di tutto uno scrittore, autore di ben 3 libri dove viene raccontata la storia di famiglia, trasferitasi in Toscana da New York dopo essersi innamorata della campagna senese. Ogni anno a Benvenuto Brunello monitoriamo i suoi vini, ma questa annata 2015 ci ha fatto tornare al primo amore, di quando conoscemmo questa cantina. Ma veniamo a tutti i cinque vini in assaggio.
Il Toscana rosso “Marinaia” 2016 ha delle belle note fruttate sotto spirito e anche verdi. In bocca la sua freschezza si mescola alla balsamicità. In bocca è ghiotto, fresco, con una sottile trama di tannini. Nasce da un blend di uve sangiovese e merlot.
Molto interessante il Cabernet sauvignon “mania” 2016 che spicca con il peperone e in bocca si mostra davvero molto elegante, suadente con un trama di tannini fitti.
Il Merlot “Mantus” 2018 ha un effluvio persistente di frutta, e in bocca senti la mano elegante di tutti gli altri vini.
Notevole e da vera sorpresa è stato il Syrah “Banditone” 2015 che si presenta con una bellissima nota di eucalipto. In bocca lo senti calco ed elegante con una freschezza esagerata. Davvero molto buono.
Tuttavia il top è stato il Brunello di Montalcino, quasi come una sintesi di questo percorso gustativo. Qui ti devi fermare con il bicchiere in mano per ascoltare la profondità del vino, che poi mostra una fittezza di tannini in bocca davvero invitante. Ma c’è tutto in questo Brunello, anche una freschezza lunghissima che ti fa innamorare. Davvero un bel Brunello, che già avevo individuato alle anteprime e che ora diventa un alfiere esauriente di una gran bella annata.

Sito Web: www.matewine.com
mate.jpgOrcia Mezzodi 2018 di CAMPOTONDO - Castiglione D’Orcia (SI)
Eccoci sulle tracce della doc Orcia che si presenta come una reale rivelazione fra le cosiddette doc minori della Toscana che tuttavia minori non sono. Campotondo nasce esattamente nel 2000, in un luogo che è memoria di una tradizione vitivinicola contadina. Qui sono i legami “antichi e indissolubili” con la terra a regalare vini con stoffa e carattere: vigneti collocati su paesaggi mozzafiato, dove puoi intravedere borghi come Pienza, Rocca d'Orcia e Bagno Vignoni. Geografia, storia e cultura si amalgamano con la natura la quale, libera di esprimersi con i propri vigneti, ci regala bevute che aumentano – inevitabilmente – il valore della Val d'Orcia.
L’Orcia Mezzodì di Campotondo 2018 ha note di incenso e al naso la ciliegia tipica del sangiovese. E’ molto equilibrato in bocca e assolutamente felice nella sua espressione di acidità.
Da contraltare il Banditone (da uve sangiovese, merlot e colorino) Orcia 2017 che si presenta più cupo e concentrato con un finale amarognolo caratteristico.
Bella espressione anche per l’Orcia “Il Tocco” 2016 che svela tutta l’eleganza del sangiovese, ben espressa in questa doc da riscoprire.

Sito Web: www.cantinacampotondo.it
campotondo.jpgFranciacorta Brut di CA' DE PAZZI - Erbusco (BS)
Nomen omen per questa nuova realtà di Erbusco, dove due giovani ragazzi uniti dalla gioiosa passione del vino cercano di adattare la loro visione artistica (di chiara influenza pop) alla nuova produzione di bollicine. Le etichette sono “positivamente stravaganti”: trovi una giraffa, un rinoceronte, un elefante o una zebra con fattezze umane, vestiti di tutto punto, dalla tuba passando per la pipa. Un interessante progetto di comunicazione che racconta di un target giovanile, estroverso, fuori dagli schemi. Il contenuto invece è perfettamente inquadrato nello stile franciacortino dove le linee guida sono la freschezza e la piacevolezza di beva, per un aperitivo in compagnia, senza ricercare austerità o pesantezza.
E il primo tappo è quello che subito soddisfa. Brut che profuma di fiori, naso agrumato con note di champagneria. Assolo erbaceo, bollicina fine. Il blend è 90% chardonnay e 10% pinot bianco, 18 mesi sui lieviti che influiscono positivamente sul bouquet olfattivo.
Vira sui terziari il Brut Saten che è legnoso e sa quasi di tabacco; emergono comunque i fiori di acacia e il pompelmo, la cui acidità si ritrova in bocca. Chardonnay in purezza che riposa 24 mesi sui lieviti e si presenta in etichetta con una giraffa in papillon e occhiali che fuma una pipa, roba da “pazzi”! Aumentano i mesi sui lieviti (36) e cambia anche l'uvaggio (pinot nero) per la versione Rosè Brut. Al naso è presente la classica crosta di pane e il color rosa salmone è davvero invitante; la bollicina ci risulta più evanescente del resto; da sottolineare tuttavia l'ottima trama sapida. Insomma, tre etichette innovative, soprattutto nella forma; un'aria, una ventata di gioventù nel panorama della Franciacorta che ci fa ben sperare per le prossime annate!

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franciacorta.jpgTerre Siciliane Pinot Noir “N' 18” 2018 di TENUTA SAN GIAIME - Gangi (PA)
Vitigni internazionali come syrah e pinot noir accanto all'autoctono grillo, al quale si aggiungeranno – proprio in questi anni – anche le varietà di carricante, nerello mascalese e perricone. Con queste uve Tenuta San Giame (che ha sede a Gangi, antico borgo siciliano sorto su un insediamento ellenico) propone la sua interpretazione del terroir palermitano: visione che avevamo interpretato positivamente qualche anno fa, quando premiammo come Top Hundred 2015 il loro Syrah Bio vendemmia 2014. Oggi in azienda puoi trovare il sorridente Alessio, che da nonno Gaetano ha ereditato i profondi valori della terra; una passione che ha coinvolto nel progetto anche l'enologo Gianfranco Cordero, ma non solo. Sono molti i volti che puoi incontrare a Gangi, come Salvatore, Maria, Ilaria e la nipotina Carlotta, poi ancora Franco Mastrandrea e Salvatore Cicco (imprenditore che non si perde mai una vendemmia). Questa cantina è stata lanciata praticamente a Golosaria Milano, proprio agli inizi. Il logo dell'azienda è il profilo di un grappolo, immagine semplice ma significativa. Perché a Tenuta San Giame nessuno – né macchina né uomo – può permettersi di sopraffare la libera espressione del vitigno e questa filosofia la ritrovi facilmente nel bicchiere.
Stappiamo il loro Pinot Noir “N' 18” che al naso è come alla vista, ovvero rosso ciliegia. Un frutto molto zuccherino che quasi ricorda delle caramelle. Fine speziatura e tannini setosi che evidenziano un passaggio in rovere senza “forzatura”. Lavorare con il pinot non è per niente facile e si è soggetti a un occhio critico molto più attento (come giustamente succede anche con il nebbiolo). Il vino in questione quindi non è sicuramente austero o da gran galà, eppure si difende grazie alla sua immediatezza e bevibilità e alla qualità dei suoi profumi. Prezzo assolutamente coerente.
Da riprovare anche il loro splendido Syrah Bio che fu Top 2015, da non dimenticare!

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tenuta-san-giaime.jpgGutturnio superiore il Superiore 2018 di SANTA GIUSTINA - Pianello Val Tidone (PC)
E’ stata una serata edificante quella passata domenica sera a Grintorto con Gaia, titolare entusiasta di questa cantina che abbiamo nel cuore. Una cantina che amava anche il nostro Gianni Borrelli, al secolo Il Monsignore, titolare dell’Altra Isola di Milano che abbinava alla sua cassoeula il Gutturnio frizzante in alternativa al Barbacarlo di Maga Lino. Però questo Gutturnio superiore è stato uno schianto: prorompente al naso, con effluvi di frutta rossa intensi e abbondanti, in bocca senti la carezza vellutata e sugosa di questo vino che mantiene una persistenza lunga a piacevole.
Ghiotto l’Ortrugo 2019, piacevolmente frizzante, mentre la Malvasia è caratteristica, tenue nel suo impatto aromatico, come se il frutto lo volesse tenere tutto nel sorso, per abbinarvi perfettamente a una teoria di antipasti.
Delle medesima cantina è speciale, infine, il passito da uve Malvasia denominato “Stellato”. Il dialogo con Gaia su questo periodo ci ha poi dato una serie di dati in controtendenza: buoni segnali dall’estero, ma riscontri anche sul mercato italiano che ha seguito una serie di iniziative (webinar, degustazioni a distanza) dove Gaia si è coinvolta in prima persona. E questo va nella direzione che anche noi abbiamo intrapreso con Golosaria on line.

Sito Web e per acquisti: www.santagiustina.com
santa-giustina.jpgPecorino superiore Tegèo 2018 di CODICE VINO - Ortona (Ch)
Questa degustazione è stata oggetto di un collegamento con 46 giornalisti, fra cui il sottoscritto, invitati da Riccardo Cotarella, enologo a capo di un progetto volto a interpretare in chiave contemporanea la tipicità. A fianco di Cotarella era seduto anche il professor Attilio Scienza, che amo definire il custode varietale dei vini.
Quattro i vini in degustazione. Il primo è stato la Passerina “coda D’oro” 2018 che ha un colore oro intenso. Al naso è particolare la nota di grano maturo, ma anche frutta candita. La sua acidità è vibrante, il sorso è molto equilibrato, decisamente minerale e sapido.
Clamoroso il Pecorino Tegèo 2018 che ha un oro ancora più brillante e concentrato. Al naso ti avvolgono frutti esotici e sambuco, ma anche pepe bianco. La sua acidità diffusa è una spada che trasporta eleganza su una struttura decisamente equilibrata.
Tutto da bere il Cerasuolo d’Abruzzo “Solante” che forse è il campione più contemporaneo di tutti, benché lontano da certi vino del passato più grevi. Ha colore buccia di cipolla tenue, al naso senti la ciliegia e la fragola speziata con una nota di ciclamino e di pepe nero. In bocca è un velluto che lascia sul palato una freschezza diffusa.
E infine il Montepulciano d’Abruzzo 2017 (Cotarella qui ha citato Giacomo Bologna che definiva il Montepulciano “chiamami come vuoi” essendo la base di tanti tagli in passato).
Ora, a me questo Montepulciano è piaciuto, avendomi offerto tutti i descrittori tipici del vitigno: il cacao, la prugna matura, note balsamiche ampie con sentori di humus. Lo senti ricco, pieno, pungente dal suo rubino impenetrabile. E anche nel retrogusto lo ritrovi vinoso e naturalmente elegante. Bravi, siete davvero sulla buona strada.

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