La degustazione del 18 luglio in attesa di svelare i Top Hundred 2022

Ci sarà una pausa negli uffici (sette giorni ad agosto, ma con un via e vai fra di noi, per cui non vi lasceremo soli: in tempo reale vi racconteremo i nostri viaggi e i nostri assaggi, lungo lo Stivale). Seguiteci quindi, su questo sito, su Instagram, Facebook, LinkedIn, twitter. Ma ora gustatevi il nostro ultimo (o forse penultimo, chi può dirlo?) assaggio, in attesa di svelare i Top Hundred 2022, il prossimo 15 settembre. Partiamo allora da una cantina langarola,

Livia Fontana

di Castiglione Falletto (Cn), che già aveva colpito Marco Gatti lo scorso anno e pure il sottoscritto con i campioni del 2017. Ma ora sono arrivati i vini nuovi. Iniziamo con il suo Roero Arneis 2021 che ha colore paglierino classico, al naso bella frutta distesa e matura tra la mela e la pesca, ma anche il melone lo ricorda bene. Il sorso è pieno, elegante, minerale (tanto), sapido e amaricante. La sua Barbera d’Alba Superiore 2019 aveva un colore rubino piuttosto intenso; al naso note balsamiche e fruttate. Una piacevolissima Barbera, equilibrata, fresca. Buona! Sul Langhe Nebbiolo 2020 abbiamo trovato subito coerenza nel colore trasparente e note iconiche per un bicchiere decisamente buono, Ma la lotta si è fatta veramente dura, quando al tavolo sono arrivati i suoi tre Barolo. Personalmente sono rimasto ammaliato dal Barolo “Fontanin” 2018, che è perfetto subito, col suo afrore di inchiostro sottile su un colore trasparente. Senti il cuoio al naso, la viola che destina eleganza e quando scende in bocca lo trovi morbido, equilibrato, con dei tannini perfettamente amalgamati. Il Barolo “Villero” 2018 ha una speziatura più marcata ed è decisamente verticale: i tannini sono ben presenti e il suo sorso è ampio. Ma questo “Villero” è come un arco che si è appena aperto: insomma è una promessa per gli anni a venire, diverso dal 2017 che ricordavo subito più intrigante. È invece un Barolo balsamico, pieno ed elegante la Riserva Bussia 2016. Eccellente è ancora poco per descriverlo.
livia fontana.jpgDal Piemonte eccoci al Veneto, da una cantina Top Hundred dello scorso anno, di cui si parla in continuazione. L’assaggio di quest’anno non solo è stata una conferma, ma uno stato di avanzamento dei lavori. E se i vini Piwi sono questo, prepariamoci a delle bellissime sorprese. La cantina porta il nome di

Terre di Ger

di Pordenone e iniziamo col Venezia Giulia Bianco “Arconi” 2021. Ha colore paglierino, frutta matura che vira sull’esotico (mango), ma anche ribes con un’acidità incisiva e profonda in bocca. Davvero molto buono. Eccoci poi al Rosso Caliere 2020 (da uve merlot kanthus e altre varietà rosse locali). Il colore rubino è il profumo è di petalo di rosa essiccato, lampone, chiodi di garofano: tutto espresso in una gran bella intensità. È vellutato, ampio, rotondo, con un finale leggermente amarognolo. Un gran bel rosso che al nostro tavolo (Alessandro, Matteo, Federica, con me) ha riscosso i 5 asterischi pieni.
Ma che dire del Trevenezie Refosco dal Peduncolo Rosso 2020? Colore rubino e sempre quella nota aromatica di rosa. In bocca è un Refosco che bisticcia fra tannici e acidità. È molto tipico ed il finale si presenta asciutto con questa coda aromatica. Che passi da giganti!!!
terre di ger.jpg

CANTINE ARPI

di Foggia. Il Fiano Bianco Puglia Shamanà 2021 ha colore giallo tendente all’oro. Al naso prugna gialla molto matura (ma anche banana), miele con qualche nota balsamica. In bocca ha una sua pienezza e un bel finale sapido. Della Maison è il vino che abbiamo preferito, rispetto al Nero di Troia Rosato Puglia 2021 che ha una tonalità rubino tenue e una semplice ciliegia che poi dirà freschezza in bocca. Ha invece un colore impenetrabile il Nero di Troia Rosso Puglia “Argos” 2021, dove i tannini si fanno sentire, ma anche una nota un po’ di smalto che lascia perplessi.
arpi.jpgE ora eccoci in Toscana, ad assaggiare i vini di un grande.

COLLEMASSARI

di Cinigiano (Gr). Si inizia con il Montecucco Vermentino “Melacce” 2021. Dal suo colore brillante senti una frutta distesa e matura, ma poi sorge al naso qualcosa di minerale. Tannico, allappante, tutta freschezza, una bella spada acida. È allappante, croccante, un grande bianco dove la frutta la senti all’ingresso nella pienezza del sorso ed è una pesca.
Ha invece colore oro il Montecucco Vermentino “Irisse” 2019, dove le note sono di frutta macerata che tende al sottospirito. Una bella polpa con finale amaricante, ma noi restiamo sul primo. Notevole sarà invece Montecucco Rosato “Gròttolo” 2021 che ha colore rosa brillante; note di melone, piccoli frutti e anice. Un Rosato molto buono, pieno, minerale, tannico, fresco. Insomma un rosato elegante che non finiresti più di bere. Ed è stata una sorpresa. E ora il Montecucco Rosso “Rigoleto” 2019. Ha colore rubino trasparente e al naso note di cacao e cuoio, ma poi emerge la prugna che sovrasta con la sua freschezza, persino le spezie. Sorso dove la mineralità comanda, tannini ben levigati. Sarà però il Montecucco Rosso Riserva 2018 che arriverà a sfiorare il massimo dei punteggi. E qui la ciliegia diventa ciliegiona, benché si presenti molto fine al naso con note di rabarbaro e balsamiche. Opulento minerale, ma alla fine di grandissima eleganza. Il Montecucco come piace a noi!
E infine ecco il Montecucco Sangiovese Riserva Collemassari “Poggio Lombrone” 2016 che si può sintetizzare in sapidità e opulenza. Trovi l’equilibrio assoluto con una coda di acidità. Bellissima esperienza. A Milano, a Golosaria, si parlerà di voi!
collemassari.jpgRimaniamo in Toscana con

CASTELLO DI RADDA

di Radda in Chianti (Si) e quindi con un Chianti Classico 2020, che ha colore rubino brillante. Naso elegante, note amaricanti al naso, speziate con la freschezza dell’anice stellato. Bel Chianti: tannico, disteso, elegante. E io sono sempre stato severo con il genere. Ma questa bottiglia la berrei tutta (se non mi fosse stata sottratta dai miei colleghi degustatori in un momento di distrazione).
Nel Toscana “Guss” 2016 (da uve merlot) la frutta è molto concentrata e matura. Impenetrabile il rubino. Ma in bocca eleganza a mille. Come del resto nel Chianti Classico “Vigna Il Corno” 2016 che è finissimo al naso, fruttato anche in bocca su un sorso di pregevole equilibrio, decisamente persistente. Il Vin Santo del Chianti Classico “Occhio di Pernice” 2016 è un sogno dolce, ma giocato sulle spezie. È molto buono, e ti fa sognare un foie gras, senza se e senza ma. Un foie gras a merenda, intendiamoci.
castello radda.jpgSempre in Toscana, esattamente a San Casciano val di Pesa (Fi), proviamo i vini de

LA SALA DEL TORRIANO

Il Toscana “Campo all’ Albero” 2019 ha note di frutta fresca ed è corretto come vino (uve cabernet sauvignon e merlot), i tannini sono molto fini, la speziatura accattivante. Note di frutta di pesca. Il Chianti Classico 2019 è come si suol dire croccante! È ricco con note leggere di frutta sottospirito e un che di amaricante, mentre il Chianti Classico Riserva 2018 è la stintesi degli altri: ha un finale amaro, ma pur sempre equilibrato e rotondo. Un vino austero, come deve essere. Tuttavia l’asso nella manica di questa cantina arriva con il Chianti Classico Gran Selezione Il Torriano 2018. E qui il profumo è uno Chanel n. 5, dove si mischiano resina e cacao, ma anche note cuoio. L’alcol spinge, e ti porta a un sorso rotondo, pieno, complesso nella sua evoluzione scalare, davvero appagante.
sala-del-torriano.jpgDella Toscana abbiamo tenuto in fondo un bianco in omaggio alla stagione (mentre scrivo, fuori ci sono 37 gradi). La cantina

ORNELLAIA

di Castagneto Carducci ci ha fatto avere il Toscana “Poggio delle Gazze” 2020 un mix di uve aromatiche con prevalenza di sauvignon blanc. Ha colore paglierino brillante tendente all’oro. Al naso c’è la salvia, il rosmarino, la nuance balsamica di un vino che, nonostante costi quel che costi, bisogna dirlo, non ci ha entusiasmati. Difficile finire la bottiglia (infatti nessuno l’ha portata via) per un vino buono, ma che appare costruito.
E allora, se proprio ho voglia, mi bevo un Sauvignon del Collio, e magari spendo meno della metà. Oppure quel Vermentino del Montecucco (già, ma dov’è finita la bottiglia?)
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