Disponibile su iOS e Android la terza edizione con quasi 160 segnalazioni

La capitale del bere miscelato d'Italia? Roma, tallonata da Milano. Ma anche la periferia se la passa bene. È il quadro che emerge dalla terza edizione di BlueBlazeR, l'app che recensisce i migliori indirizzi per bere un buon cocktail in Italia, scaricabile gratuitamente sulle piattaforme iOS e Android. La presentazione ufficiale è avvenuta lo scorso lunedì a Firenze, in una serata di gala che ha visto anche la premiazione del miglior Old Fashioned (Marco Russo del 1930) e Martini Cocktail (Giorgio Fadda, Tiepolo Bar – Hotel Westin Europa Regina) dell'anno, ad insindabile giudizio di Giampiero Francesca e Massimo Gaetano Macrì, anime di BlueBlazeR, rivista digitale (www.blueblazer.it), dedicata al buon bere, in ogni sua espressione (vino, birra, cocktail, distillati) e curatori dell'app. 

Sono 156 i locali segnalati, in tutta Italia. Il Lazio è la regione più rappresentata, con 36 segnalazioni (33 a Roma), seguita dalla Lombardia con 29 (Milano 25), Veneto (14) e Toscana (12). Poi un terzetto a dieci: Emilia Romagna, Puglia e Sicilia. Per ognuno indirizzo, a disposizione la gallery fotografica e una breve scheda che ne racconta peculiarità e punti di forza. La navigazione del menù è semplice e intuitiva: si può decidere di geolocalizzarsi e selezionare i locali che appariranno sulla cartina, oppure filtrare per le quattro categorie (cocktail bar, bistrot – restaurant, hotel bar e speakeasy).

“Le categorie sono uno strumento utile per consentire a chiunque di scegliere velocemente. Al di là del cocktail bar propriamente detto, bistrot-restaurant indica quei locali in cui oltre che bere si offre un’esperienza food frutto di una cucina, in molti casi anche degna di nota” sottolinea Massimo Gaetano Macrì Non potevano poi mancare gli hotel bar, di cui siamo grandi estimatori. Anzi, con il nostro lavoro, vorremmo far capire che le atmosfere eleganti ed ovattate di questi locali potrebbero essere frequentate da tutti. E, infine, i cosiddetti speakeasy, in cui abbiamo inserito sia i locali il cui accesso è garantito tramite la parola d’ordine, sia quei locali che in qualche modo ricordano quelle atmosfere fumose, con un accesso un po’ da secret bar, in cui entri solo se ne conosci fisicamente l’ingresso".

Tre domande a Giampiero Francesca

• Quali sono i trend che avete riscontrato girando i cocktail bar di tutta Italia?
Ce ne sono un paio. Il primo è geografico. Se prima i cocktail bar erano concentrati nelle grandi città, oggi anche in provincia esistono locali di livello. Così trovano spazio in guida, accanto alle grandi città come Roma, Milano e Firenze, paesi con poche centinaia di abitanti come Acquapendente, in provincia di Viterbo, o Mirano, non lontana da Venezia. Il secondo è la vicinanza con la cucina: sono diverse le realtà che associano grandi chef a cocktail bar di rango. La prima accoppiata è stata Carlo Cracco e Filippo Sisti da Carlo e Camilla in segheria. Oggi sono almeno una decina i casi in cui c'è un dialogo continuo tra cucina e bar”.

• C'è invece qualche moda che sta tramontando?
Gli speakeasy sono una moda abbondantemente superata nel mondo, e oggi in declino anche in Italia. Molti locali che hanno aperto con questa formula si sono presto riconvertiti in nuovi schemi di fruizione.

• In quest'ultima edizione ci sono parecchie novità e diverse defezioni. Quali sono i vostri criteri di scelta?
Riceviamo le segnalazioni di circa un centinaio di collaboratori, ma poi il lavoro di scelta lo facciamo io e Massimo, girando locale per locale. Siamo partiti da quasi 500 segnalazioni, per arrivare ai locali citati in questa terza edizione. Non scegliamo mai un locale perché fa bene da bere. Non è quello che ci interessa per primo. Consideriamo soprattutto l’alto grado di accoglienza, ormai sempre più rara, che si traduce nella capacità di far star bene il cliente, consentendogli di vivere un’esperienza completa. Poi, ovviamente, viene anche il cocktail. E non premiamo mai i locali appena aperti. Nel mondo della mixology le start up vanno monitorate per un certo periodo, perché molto spesso non mantengono le promesse.

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